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Giorgio Merlo

Date non incompatibili. Avviene tutto in una parentesi. Il ricordo del 18 aprile 1948 e la vittoria schiacciante della Democrazia Cristiana e del suo maggior leader e statista dell’epoca, Alcide De Gasperi e la festa del 25 aprile, la festa della Liberazione, giunta alla sua 75° edizione. Tutto tra parentesi, dicevo, perché lo impone e lo richiede la drammatica emergenza sanitaria con cui, purtroppo, dobbiamo fare i conti. Eppure anche in  una fase storica dominata da un male oscuro e sempre più inquietante, c’è la possibilità e forse anche l’opportunità per fissare con maggior cognizione alcuni paletti pollici, culturali e anche di costume.

Innanzitutto non c’è, perché non c’è mai stato, alcun contrasto o alcuna frizione tra ciò che capitò in quel famoso 18

on. Giorgio Merlo

aprile ‘48 e il significato profondo della festa della Liberazione. Si tratta, infatti, della riaffermazione – su piani diversi e seppur con connotati diversi – del principio della libertà. La libertà politica, la libertà civile, la libertà economica, la rivendicazione del pluralismo e, soprattutto, la vittoria della democrazia. La vulgata che per molti anni ha stradominato la pubblicistica italiana influenzando settori consistenti della opinione pubblica rispondeva a criteri politico/partitici e di propaganda ma del tutto avulsi dal significato profondo che la Liberazione ha avuto nel nostro Paese.

Una festa, quella del 25 aprile, che non poteva e non può essere appannaggio di qualcuno contro qualcun altro. Salvo contro quelli che negano la democrazia, il pluralismo, la libertà e la giustizia sociale. È la festa della democrazia e appartiene a tutti i democratici. Di qualsiasi colore politico, di qualsiasi fede religiosa e di qualsiasi cultura costituzionale. In secondo luogo forse è giunto anche il momento, dopo svariati decenni e dopo una rivalutazione postuma di chi l’ha combattuta pregiudizialmente per un tempo indefinito – anche alla luce della pochezza e della mediocrità delle classi dirigenti seguenti – di rivalutare l’esperienza politica, culturale e sociale del cattolicesimo politico italiano. Una rivalutazione che parte proprio da quel fatidico 18 aprile 1948 e che poi si è snodata, seppur con gli alti e i bassi imposti alla storia e dalla concreta esperienza degli uomini, per quasi 50 anni di vita democratica. Una cultura e una politica, soprattutto di governo, che non sono mai venuti meno ai doveri imposti da una Costituzione che è stata il frutto anche e soprattutto dell’apporto del filone e della storia del cattolicesimo politico e democratico italiano. In ultimo, e questo oggi è l’aspetto forse più importante, proprio il ricordo – purtroppo solo sulla rete – di questo 25 aprile può essere la concreta occasione per avviare definitivamente quella “riappacificazione” politica e culturale di cui il nostro Paese ha estremamente bisogno. Soprattutto in una fase difficile e complessa come quella che stiamo vivendo. Non ha alcuna importanza che l’iniziativa promossa per il ricordo in rete della Festa della Liberazione 2020 sia fatta da persone che appartengono dichiaratamente al campo della sinistra post comunista e riconducibile alla storia e all’esperienza della sinistra storica italiana. Quello che conta, almeno a mio parere, è l’obiettivo politico di questa iniziativa. Che non può che essere quella di unire e ricomporre in un unico grande campo democratico tutti coloro che si riconoscono nell’unico documento che riafferma i principi democratici e liberali, cioè la Costituzione repubblicana. Se, invece, dovesse limitarsi alla solita iniziativa di parte deliberatamente “contro” qualcuno e qualcosa, perderebbe lo stesso significato più profondo di una data che si vuol festeggiare insieme. Ecco perché anche il 25 aprile 2020 è molto importante, pur non potendo scendere in piazza e non poter stringersi in un unico grande abbraccio. Perché proprio questo 25 aprile può segnare un maggior coinvolgimento emotivo e passionale e una migliore ricognizione culturale e politica del profondo significato che storicamente riveste questa data. Abbiamo il dovere di farlo. Anche in tempi difficili e complessi.

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)