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Dario Gedolaro

 C’è uno spettro che si aggira nei saloni de La Stampa, quello di Giorgia Meloni. Uno spettro che sembra togliere il sonno (e un po’ di lucidità) al direttore Massimo Giannini. Ne è un esempio un suo prolisso e apocalittico editoriale di qualche giorno fa. Giannini inizia bacchettando l’elettorato italiano: “Non è ancora chiaro cosa in lei (cioè in Giorgia Meloni, ndr.) abbia trovato il Paese”, in questa “capatrena” (termine orribile che storpia, in ossequio al lessico politicamente corretto, il termine “capotreno”), “in questa underdog determinata a “stravolgere i pronostici”, forte della sua minorità culturale che si è fatta maggioranza politica”.

Manifesto del Film di Dino Risi con Tognazzi e Gassmann

Poi passa ad accusare il centro-destra di “avventurose discontinuità”. Ed eccole: “I duri fatti dicono di un governo che perde faccia e postura sul cash, per strizzare l’occhio al piccolo evasore di finta necessità e al grande riciclatore di denaro sporco. Che mena coi manganelli di Scelba un gruppuscolo di manifestanti non violenti alla Sapienza, nonostante la premier solo il giorno prima al Senato avesse espresso simpatia e affetto per i giovani pronti a contestarla. Che blocca le navi delle Ong fuori dai porti, col piglio muscolare e xenofobo del salvinismo da combattimento pre-Papeete. Che congela le multe ai no-vax, condona i no-pass e abolisce il bollettino quotidiano dei contagi, al grido mai più la “dittatura sanitaria”. Ma c’è di peggio: Meloni e i suoi alleati, se continuano forzare i toni, rischiano, secondo Giannini, di “far deflagrare quella polveriera di rabbia, disagio, esclusione che, come nel “Diciannovismo” (cioè nel 1919 n.d.r.) portò il Paese alla svolta autoritaria”. Insomma, il fascismo è dietro l’angolo/.

Dunque, secondo Giannini siamo in presenza di un novello Mussolini in gonnella, e la dimostrazione è che ha già fatto sgomberare un capannone abusivamente occupato per una festa abusiva e fatto “caricare” dalle forze dell’ordine una cinquantina di giovani universitari, che per altro volevano impedire a un conferenziere di esercitare il suo diritto di parlare in una riunione autorizzata. Insomma, fa capire il direttore della Stampa, un assaggio delle violenze squadristiche che provocarono morti, feriti e devastazioni nelle sedi di partiti e sindacati.

Giannini vede poi un altro parallelismo con gli anni dell’avvento del fascismo, la debolezza dell’opposizione: “Una penosa macchina da guerra che raglia e sferraglia nel doppio emiciclo compreso tra Azione-Italia Viva e Verdi-Sinistra Italiana, con in mezzo il Pd e i 5S”.

E così Renzi diventa Renzusconi, “che con la consueta abilità oratoria ha parlato più da quinto partito della maggioranza che da Terzo Polo dell’opposizione. È l’eterno ritorno dell’inciucio centrista ed “entrista” di rito nazareno? Probabile”. E Giuseppe Conte: “Il Camaleconte, evoluzione della specie trasformistica del Bestiario politico? Sicuro”.

il film di Dino Risi con Tognazzi e Gassmann

E poi il crescendo finale: “Spiace dirlo, ma in questo mesto scenario di decomposizione è proprio il Partito democratico che non c’è… Scandalosamente ripiegato sui bizantinismi di un congresso trasformato in una sorta di “Tu si que vales”, dove concorrenti di ogni tipo – per lo più grigi ex ministri col solito cappello da capobastone e mediocri ex ministre sempre ferme ai caselli autostradali – si intruppano nel tentativo di dimostrare chissà quale dote nascosta e incompresa. Non è con questo caravanserraglio che si costruisce l’alternativa al melonismo arrembante (e al conformismo dilagante che lo accompagna). E questo è un dramma per la nostra democrazia”.

Non è uno scherzo, è tutto vero quello che avete letto, tutto scritto sul La Stampa a firma del suo direttore.

Qualche perplessità: questo linguaggio sopra le righe, infiorettato di paradossi, è lo stile che ha assunto uno storico quotidiano che dovrebbe essere espressione del ceto produttivo di una grande regione industriale quale è il Piemonte? Interpreta lo spirito di una città colta, riflessiva e problematica come Torino? E’ un modo di analizzare i fatti politici condiviso dalla proprietà editoriale?

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)