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Carola Vai

Tutti li cercano, tutti li vogliono. Governi, ospedali, regioni disposti a pagare in denaro contante, e in anticipo, cifre inimmaginabili fino a pochi mesi fa. Pur di averli. Sono i ventilatori utili alla respirazione, apparecchi medicali indispensabili nelle terapie intensive e nelle subintensive per tenere in vita le persone colpite dal coronavirus. L’80% di queste macchine medicali sono da sempre prodotte in Cina, da piccole, medie aziende. Poiché la richiesta è aumentata otto, dieci volte sia in Italia che in molti altri Paesi, la produzione è diventata insufficiente. A illustrare la difficile situazione è Cesare Mangone, laureato in chimica, amministratore delegato della Progetti Medical, con sede a Trofarello, alle porte di Torino.  L’azienda da lui stesso fondata nel 1990 , oggi è ritenuta un’eccellenza nella produzione di defibrillatori e distributore di ventilatori polmonari.  “Fino poco tempo fa i nostri clienti erano all’estero. Da oltre un mese forniamo solo l’Italia in una forsennata gara contro il tempo, nel tentativo di soddisfare la richiesta e salvare il maggior numero possibile di pazienti” racconta.

 

Sede della “Progetti Medical”, Trofarello (Torino)

Una corsa ad ostacoli irta di difficoltà di ogni tipo. Trovare in Cina la merce e pagarla in anticipo non basta. Bisogna superare l’ingarbugliata burocrazia cinese, sforzo che allunga i tempi di spedizione dei prodotti. Cesare Mangone, esperto internazionale di management nel settore medicale, 72 anni portati con il piglio di chi da oltre tre decenni è abituato a combattere con i meccanismi burocratici dei più svariati Paesi, conosce bene il mercato cinese. Affiancato dal figlio Ivan, direttore generale, e da una trentina di dipendenti, ammette di vivere un periodo “di attività frenetica. Trascorriamo in azienda anche 12 ore al giorno. Cinque lavoratori che si occupano del commerciale esercitano da casa. Gli altri devono obbligatoriamente venire in ditta dovendo sostenere le forniture agli ospedali in questo momento di caos ed emergenza”. La drammatica situazione mondiale creata dal dilagare del coronavirus ha scatenato la caccia a questi strumenti salva-vita. Le richieste sono cresciute in modo incredibile, in tutti i continenti. “La domanda ha fatto lievitare i prezzi del 15 per cento e tutti i pagamenti devono essere anticipati al 100 per cento –ammette Mangone – Noi siamo in attesa di un carico dalla Cina. Abbiamo già pagato 300.000 euro. Non abbiamo idea quando le macchine giungeranno. Molta merce è purtroppo bloccata a Hong Kong per questioni di controlli di vario genere. Sappiamo che il Ministero degli Esteri si sta interessando per sbloccare la situazione ”. A produrre ventilatori polmonari c’è pure la Germania “che però in questo periodo non li esporta, come fanno anche gli Stati Uniti”.  Nel tentativo di accaparrarsi il maggior numero di ventilatori, molti acquirenti hanno ignorato i tradizionali importatori, facendo gli acquisti direttamente, senza pensare che ogni pezzo medicale all’arrivo negli ospedali richiede una serie di controlli fatti da mani esperte. “Ci sono stati compratori che ricevuta la merce hanno chiesto il nostro intervento. Vanamente. Ogni pezzo va verificato alla partenza. Si tratta di attrezzature speciali. Impossibile garantire il buon funzionamento senza controlli approfonditi”. La drammatica diffusione del Covid-19  ha mescolato morte e business in uno scontro senza precedenti tra concorrenti, corsa al vaccino, previsioni, ricerche di mercato, affermazioni ottimistiche, smentite.

Cesare Mangone, amministratore delegato, e Ivan Mangone, Direttore Generale

Un caos di cifre e di notizie dove la verità cambia colore di ora in ora. “I produttori cinesi di ventilatori polmonari sono in genere piccole aziende abituate a realizzare al massimo 200 pezzi l’anno. Davanti a richieste decuplicate da tutto il mondo hanno scelto, da settimane, di rifiutare gli ordini dall’Italia.  Preferiscono servire i Paesi dove si prevede l’esplosione del virus. Siamo praticamente nelle mani dei cinesi che, ripeto,  non favoriscono l’Italia. Anzi, agiscono il contrario”. Tra i Paesi con angosciante richiesta di ventilatori, c’è la Spagna dove il numero dei contagi è in violenta crescita. Ma Cesare Mangone, grande viaggiatore, quando ha saputo del dilagare del Covid-19?  “Lo scorso novembre. Dovevo andare in Cina per lavoro. Durante i miei numerosi contatti informatici e telefonici ho sentito parlare con insistenza di una strana influenza contagiosa. Ho deciso di rinunciare al viaggio. La mia agenda prevedeva l’incontro con dei clienti. Ho pensato che avrei potuto vederli in un’altra occasione”. Che dire delle mascherine diventate introvabili in Italia? “Lo scorso mese di gennaio, quando la notizia della diffusione del virus in Cina cominciava diffondersi, ho acquistato le migliori mascherine esistenti sul mercato per la mia famiglia e per i miei dipendenti. In seguito la situazione in Italia si è complicata fino diventare drammatica. Non so spiegare come si è arrivati ad una simile condizione”. Che fine faranno i ventilatori polmonari quando la pandemia sarà finalmente superata?  “Ci sono due alternative: abbandonarli in qualche magazzino con spreco di risorse sanitarie ed economiche; oppure, ed è quello che mi auguro venga fatto, conservarli,  adottando l’indispensabile manutenzione. Altrimenti si deteriorano. Sarebbe meglio tenerli a disposizione in caso di un’eventuale altra necessità, che non è del tutto da escludere. Bisognerebbe fare il possibile per evitare di ritrovarsi senza apparecchiature indispensabili alla sopravvivenza di pazienti colpiti dalla malattia”.

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)