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Dario Gedolaro

Visto che l’irreparabile è accaduto (la guerra), che i lutti diventano ogni giorno più gravi, che non sembrano esserci dubbi sul fatto che il conflitto non si allargherà e quindi che l’Ucraina difficilmente vincerà (anche se potrà limitare i danni), dando per scontati i giudizi severi sulla Russia e su Putin (che indubbiamente stanno dalla parte del torto), è utile riflettere su un tema fondamentale: come e perché si è giunti a questo punto. La guerra si sarebbe potuta evitare? Le diplomazie dell’Europa e degli Stati Uniti sono state incapaci di cogliere, negli anni passati, i segnali che andavano in direzione di un conflitto armato? Siccome la decisione di muovere guerra a un Paese vicino non può essere presa dal giorno alla notte, è evidente che qualcosa non ha funzionato nella comprensione di quanto pian piano maturava nella mente di Putin.

Romano Prodi

In occasione di una recente conferenza alla Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino, l’ex presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, ha scritto un articolo su La Stampa in cui ha riassunto il tenore del suo intervento: “Oggi la Russia è un paese immenso ma fragile e a bassa crescita. La Cina cresce di una Russia all’anno. Ecco perché la Russia non può stare da sola: non ha l’esperienza per tradurre la scienza in prodotto, non ha una potenza produttiva; è l’opposto della Corea del Sud. Per questo o si appoggia all’Europa o alla Cina. L’Europa ha lasciato che scivolasse verso Est”.

Michail Gorbačëv

E ha aggiunto: “Quando Gorbaciov mi preannunciò l’ascesa di Putin disse che stava salendo al potere un uomo dal curriculum che non ci sarebbe piaciuto, ma che era l’unico capace di tenere unito il paese e dialogare con l’Occidente”. Prodi sostiene in sostanza che c’ è stata una certa sordità (colposa o dolosa?) dell’Europa nel comprendere che bisognava superare definitivamente il clima da Guerra Fredda dopo il crollo dell’impero sovietico.

Un intellettuale come Salvatore Settis, già direttore della Scuola Normale di Pisa, ha posto una serie di domande in un altro articolo su La Stampa: “Nello scacchiere della politica degli ultimi vent’anni, dov’è mai stata la lungimiranza, la visione strategica, la capacità di previsione? Chi ha studiato in anticipo le mosse di Putin, e che cosa ha fatto per impedirle? La cieca fiducia nel mercato non ha forse indotto a considerare la Russia (quale che ne fosse il regime) come un ottimo partner per i propri affari, e non come un’entità politica che per dimensioni e storia è tra i protagonisti del pianeta?”,

Critiche che coinvolgono anche gli Stati Uniti, un paese per molti versi ammirevole, una grande democrazia, ma che dal dopoguerra in poi in politica estera si è troppo spesso mossa come un elefante in una cristalleria (i casi Afghanistan, Iraq, Siria ne sono un esempio). Dice infatti ancora Settis: “La nebulosa chiamata “Occidente” ha navigato fino a ieri come fossimo sull’onda lunga della fine dell’Urss (1991), contando sulla debolezza della Russia; ma intanto ha favorito in ogni modo il neocapitalismo post-sovietico, senza accorgersi che da quel terreno di coltura poteva nascere non solo un Putin, ma un orizzonte di rivendicazioni politiche e territoriali. La guerra russo-ucraina nasce nel segno della regressione: da un lato Putin che sembra voler tornare all’Urss di una volta, dall’altro lato chi si muove secondo uno scenario da anni Novanta, e ancora vuole approfittare della fine del patto di Varsavia per espandere la Nato a Est”.

Tornando a Prodi, l’ex presidente della Commissione Europea mette il dito nella piaga di un’Europa – “la più grande potenza industriale al mondo, e il maggior esportatore” – che sullo scacchiere mondiale conta poco o nulla: “Il suo ruolo viene ridimensionato dalla mancanza di una politica estera, e di conseguenza militare, comune. E anche sotto il profilo tecnologico c’è un ritardo: delle venti più grandi società mondiali solo una è europea ed è la diciannovesima. Questo è il prezzo della disunione”.

E ancora: “La guerra in Ucraina sta mostrando che i conflitti si possono risolvere solo sull’asse Stati Uniti-Cina e che l’Europa di oggi, pur essendo unitaria, è assente dall’aspetto decisionale. Se non parla con una voce sola non può pesare”. Guardando al futuro, così conclude Prodi: “La crisi ucraina per la prima volta ha dato vita a un’unione europea anche di politica estera. È il momento di fare un passo in più: Germania, Francia, Spagna e Italia sono maturi per una cooperazione rafforzata; gli altri seguiranno”.

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)