Search

Dario Gedolaro

#italiaunicaqui – Enrico Salza, uno dei grandi vecchi di Torino, esce da un lungo silenzio e, in vista delle elezioni amministrative della prossima primavera, traccia su “La Stampa” un profilo del futuro sindaco di Torino. Un profilo che il quotidiano sintetizza con la parola “glocal” (mentalità internazionale e radicamento locale). Articolo interessante, che soprattutto stride con la situazione attuale, in cui una sindaca governa con inesperienza e mano insicura una giunta ed una maggioranza impreparate al difficile compito di rilanciare la città, senza per altro che l’opposizione le abbia incalzate con sufficiente vigore.

Enrico Salza

Impreparate soprattutto nel momento storico peggiore di Torino, la cui economia è ancora su un piano inclinato verso il basso. L ‘intervento di Salza mi fa venire in mente i dati di una ricerca dell’Algebris Public Policy Forum e del think tank Tortuga, che è stata pubblicata qualche tempo fa proprio dalla Stampa e che metteva a confronto le economie di Milano e Torino (oltre che Genova). Ricerca non freschissima, ma le cose in questi ultimi anni non sono cambiate significativamente. Ecco qualche estratto. Dal 2000 al 2016, l’economia milanese si è espansa di oltre il 25% in termini di valore aggiunto. L’economia torinese, invece, si presentava stagnante già dai primi anni 2000, è cresciuta debolmente tra il 2005 e il 2007, in corrispondenza dell’enorme investimento legato alle Olimpiadi del 2006, ed è poi crollata sotto i colpi della crisi, con un valore aggiunto del 5% inferiore rispetto al 2000. Quindi meno 30% rispetto a Milano, una voragine. E ancora: a Milano alle fabbriche si sono sostituiti i grattacieli delle grandi multinazionali, delle banche e delle società di consulenza, a Torino è rimasto un vuoto.

Per Torino –  sottolineava infine la ricerca – non sarà semplice invertire la rotta. Il mondo globalizzato penalizza chi si adatta alle trasformazioni tecnologiche in ritardo. Questo accade perché chi investe cerca un ecosistema sviluppato, dinamico e favorevole alla vita d’impresa, preferendo centri come Milano e innescando un processo di progressiva agglomerazione. I rimedi? Piuttosto che frenare Milano, Torino dovrebbe trarre ispirazione da ciò che ha reso Milano competitiva: un’amministrazione attenta, collegamenti infrastrutturali moderni e apertura al mondo. La chiave della ripartenza sta nella complementarietà: attrarre investimenti in settori innovativi di cui Milano è carente e creare sinergie sempre più forti con la locomotiva lombarda.

Paolo Damilano

Proprio il contrario di quello che hanno fatto l’ Appendino e la sua maggioranza. L’ esordio è stata la rinuncia ad avere una fetta significativa delle Olimpiadi invernali del 2026 (nonostante Milano, che sapeva della sua impreparazione al grande evento, avesse per una volta teso la mano), poi si è proseguito con la rinuncia ai grandi eventi culturali e, infine, con il clamoroso e incredibile “no” alla Tav. Tanto clamoroso e incredibile da spingere più volte in piazza decine di migliaia di torinesi (soprattutto quei torinesi che in piazza mai ci erano andati), che in questo modo hanno salvato quel collegamento infrastrutturale moderno di cui parla la ricerca. E per finire, la debolezza della politica torinese, e della nostra sindaca in primis, si è confermata nella vicenda della candidatura ad ospitare il cosiddetto Tub, il Tribunale Europeo dei Brevetti, che la cannibalesca Milano ha voluto per sé. Anche in questo caso la nostra sindaca si è svegliata da letargo solo perché sollecitata dalla società civile (le famose “madamine”) e, nonostante fosse del partito che esprime il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri, ha perso la partita.

Pochi esempi, cui si potrebbero aggiungere una politica della viabilità sconcertante, con le famigerate piste ciclabili che intasano il traffico e quindi provocano ancor più inquinamento, penalizzano la sosta e quindi il commercio; le velleità di chiudere il centro al traffico per gran parte della giornata, poi rimessa nel cassetto per le proteste di residenti e commercianti; l’ abbandono delle periferie (per la prima volta in Italia dal dopoguerra ragazzi delle periferie hanno saccheggiato i negozi di un centro cittadino, e i mass media hanno raccolto dichiarazioni di una rabbia che dimostra la non conoscenza della situazione da parte degli amministratori locali); il disastro Anagrafe, con una informatizzazione che ha paralizzato i servizi per i cittadini.

Giovanni Quaglia

Dunque, Salza ha ragione, anche se non gli si può perdonare di avere svenduto un colosso come l’ Istituto Bancario San Paolo ai milanesi per un’ alleanza penalizzante per la città, già privata dell’ altra grande banca, la Cassa di Risparmio di Torino, vittima di un’ altra sciagurata operazione di fusione.  Sì, ci vogliono candidature di alto profilo a sindaco. Un segnale è venuto dalla discesa in campo del presidente di Filmcommission Piemonte, Paolo Damilano, solido imprenditore di origine cuneese (come l’ altro dinamico personaggio cittadino, il presidente della Fondazione Crt, Giovanni Quaglia, non a caso la “Granda” ha un’ economia solidissima ). Speriamo che il contendente o i contendenti siano di analogo profilo (purtroppo il rettore del Politecnico, Guido Saracco, ha rinunciato, ma d’ altronde come dargli torto?) e che sia finita la stagione dei “cittadini”, senza arte né parte, al potere.

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)