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Dario Gedolaro

Il sindaco, Chiara Appendino, annovera un altro insuccesso: Torino non avrà il Centro unico per l’Intelligenza Artificiale, che avrebbe dovuto ricompensarla della rinuncia alla designazione della città come sede del Tribunale Europeo dei Brevetti (TUB), lasciando così campo libero (come voleva il governo giallorosso) a Milano. La notizia l’ha data, all’ assemblea del Centro Einaudi,  il ministro alla Transizione digitale, Vittorio Colao.

Chiara Appendino

Le sedi di questo Centro saranno spalmate fra varie città italiane sulla base delle competenze territoriali e a Torino si pensa di attribuire quelle sull’automotive e la robotica. Non c’ è ancora una mappa precisa di questo spezzatino, ma nei mesi scorsi si parlava di 8/10  città e se pensiamo che la “torta” degli investimenti pubblici ammonterebbe complessivamente a un’ ottantina di milioni, i calcoli sono presto fatti di quanti finanziamenti in soldoni arriveranno in città: briciole.

La notizia, la cui importanza è evidente, è comparsa sulle pagine torinesi de La Repubblica, mentre è stata ignorata dalla Stampa, il maggior quotidiano cittadino, forse troppo impegnato nella propaganda a favore del fondamentale ddl Zan per occuparsi di questi minuzie.

Lo smacco rimane un’altra “medaglia” politica del sindaco Chiara Appendino, che evidentemente si è fatta infinocchiare dal governo centrale. Eppure il 4 settembre dell’ anno scorso era tornata da Roma gongolante: sì è vero, il governo dei suoi “amici” Conte e Di Maio non le dava il Tub, ma in cambio aveva ottenuto la sede dell’Istituto italiano per l’Intelligenza artificiale (I3A), un “traguardo per la città e al contempo un punto di partenza, che riconosce il lavoro fatto sui temi dell’innovazione”, aveva sottolineato. Ma le cose, se il ministro esprime l’ opinione del governo, non stanno esattamente così.

Torino, piazza Castello

Ma torniamo al Tub. Ricordo che promossero la candidatura di Torino associazioni industriali, Ordini professionali e le “madamine” delle manifestazioni Sì Tav, appoggiati fra l’ altro dal torinese Fabrizio Jacobacci, presidente del più grande studio italiano di difesa dei marchi e dei brevetti. Nell’ appello lanciato alle istituzioni i promotori scrivevano che, se  la città avesse conquistato la terza sede europea del Tub (quella che sarebbe dovuta andare a Londra), avrebbe potuto giovarsi di un giro d’ affari, calcolato in modo prudenziale, sui 200 milioni di euro. Non solo: “L’arrivo del Tub, oltre a stimolare un indotto che vale alcune centinaia di milioni di euro all’anno (congressi, convegni, studi legali, laboratori scientifici, sedi di imprese internazionali per seguire da vicino le pratiche legate ai brevetti), avrebbe un evidente peso tecnico, come nuovo stimolo all’innovazione per imprese, università e società di ricerca”.

Si aggiungeva: “Torino ha già visto assegnati ad altre città dal governo due importanti  insediamenti per i quali si era candidata: l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (finita a Parma) e l’IIt, l’ Istituto Italiano di Tecnologia (finito a Genova)”. E si concludeva, riferendosi al fatto che proprio quel governo aveva riconosciuto Torino come  “area complessa di crisi”: “La scelta di allocazione di sedi di istituzioni pubbliche non dipende solo  da rivendicazioni di “primogenitura” o di “primati” (come aveva fatto Milano, ndr.), ma è di carattere politico e deve prendere in considerazione anche il criterio redistributivo e di equità territoriale”.

Obiettivo mancato, ma c’era il premio di consolazione. Fra l’ altro, l’idea di portare a Torino il Polo italiano dell’ intelligenza artificiale non era partita da ambienti politici o imprenditoriali, ma dalla Curia, insomma dai preti. Lo ricorda il sito “torino.ai”, creato a sostegno della candidatura: “In seguito alla pubblicazione del MISE sull’Intelligenza Artificiale – si legge – L’Arcidiocesi di Torino, attraverso il Servizio per l’Apostolato Digitale e sostenuta dai principali stakeholder industriali, istituzionali e accademici locali, lancia la candidatura per portare a Torino l’I3A (Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale)”. Era il 3 luglio 2020.

Ma nel marzo 2021 arriva la prima doccia fredda.  Giorgio Marsiaj, Presidente dell’Unione Industriale di Torino, rilascia  una dichiarazione allarmata: “Siamo molto preoccupati che corrispondano al vero le voci secondo cui nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) in corso di elaborazione, Torino non sia più indicata come sede principale dell’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale (I3A). Mi auguro che siano rispettati gli impegni presi e che, nel PNRR definitivo, alla nostra città sia confermato il ruolo che le era stato attribuito di Hub centrale dell’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale”.

Preoccupazioni a quanto pare azzeccate, ma qualcuno ne dubitava visto il “peso” politico della nostra prima cittadina?

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)