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Dario Gedolaro

Cinque anni persi, per pregiudizi, superficialità, incompetenze, mentre la città diventava sempre più fanalino di coda dei più importanti centri urbani del Nord. Il duro giudizio sulla giunta comunale pentastellata trova ulteriore conferma dal caso Iveco, il più importante produttore europeo di veicoli industriali, la cui sede è a Torino e che nelle prossime ore potrebbe passare dalla famiglia Agnelli ai cinesi della Faw. E il sindaco Appendino che fa? Tace, così come tace sugli ulteriori ritardi accumulati sul fronte della Tav, per cui si rischiano di perdere centinaia di milioni di contributi Ue.

Marchio IVECO

Non sembra interessata al destino di un colosso che solo a Torino dà lavoro a migliaia di persone; è più importante occuparsi di droni, piste ciclabili, campionati di tennis, gay pride e via discorrendo. Non che il resto della classe dirigente della città brilli per dinamismo e lungimiranza, un solo segnale è venuto dalla politica: un’ interrogazione della consigliera comunale di Forza Italia, Federica Scanderebech, che ha domandato: “Quale è la posizione del Comune in merito a questa notizia e quali le iniziative vorrà intraprendere a sostegno della difesa di un’eccellenza torinese?”.

Se c’ era ancora qualche dubbio che la vicenda Iveco fosse importante per Torino e per l’ Italia, lo ha spazzato via un autorevole intervento sul “Corriere della Sera” (edizione di Torino)  di uno dei più importanti manager della Fiat dell’ epoca di Gianni Agnelli, Giorgio Garuzzo., colui che ha fatto grande l’ Iveco, che ne è stato per anni l’ amministratore delegato per diventare poi  Direttore generale del Gruppo Fiat e presidente di Fiat Auto, Iveco e New Holland.

Giorgio Garuzzo

“Si era costruito – scrive – il gruppo industriale più internazionale di cui il nostro Paese disponesse, l’ unico di tal dimensioni a godere di una quota di mercato da numero uno in Europa. Tutto sotto il controllo del management italiano. Nell’ eventuale passaggio di Iveco in mano cinese si potrebbe vedere quasi uno storico sberleffo”. E ciò perché furono proprio la Fiat e il governo italiano a fornire ai cinesi il know how e i mezzi economici per modernizzare la loro antidiluviana industria camionistica.

“Conosco bene e apprezzo la Cina – aggiunge Garuzzo –  ma non così tanto da pensare che a qualcuno laggiù in futuro importerà qualcosa delle migliaia di operai di Torino o di Brescia o di Foggia… Se l’ Iveco non sarà più italiana, e trascinerà con sé la consociata Powertrain, l’ Italia si troverà ad essere tra le poche nazioni avanzate non più in grado di produrre motori di propria progettazione”. E conclude con una frase tagliente: “Capisco che gli azionisti di finanziarie private, come quella della famiglia Agnelli, abbiano la libertà di guadagno dalla cessione dei gioielli di famiglia, eventualmente per reinvestire i ricavi in scarpe di lusso, ma non quando c’ è di mezzo un patrimonio nazionale, realizzato da molte generazioni di operai, di tecnici e di dirigenti, quale mai più nessuno sarà in condizione di ricostruire in Patria o altrove”.

Stabilimento IVECO Torino

E mentre i buoi scappano o sono già scappati dalla stalla, in vista delle elezioni comunali l’ unica cosa che sembra interessare a quasi tutte le forze politiche è azzuffarsi su candidature e alleanze, come se la straordinaria situazione di crisi della città non imponesse comportamenti più responsabili. E se la destra (Forza Italia e Fratelli d’ Italia)  tentenna sul candidato Damilano (un imprenditore di successo con una buona esperienza da presidente della Filmcommission), a sinistra c’ è il caos più totale. Ritiratosi (per fortuna) il chirurgo Salizzoni, che in politica è ammiratore di Fidel Castro e Che Guevara, i nomi si sprecano e il dibattito nel maggior partito della sinistra, il Pd, “verte tutto su come far digerire ai propri elettori qualcosa che digeribile non è”, sottolinea ancora il Corriere di Torino:  l’ alleanza con il M5S. Che, scrive ancora il Corriere “non si basa su un’ idea di  città , ma sull’ idea che altrimenti vince la destra”.  Poveri noi.

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)