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Dario Gedolaro

Diceva un po’ cinicamente l’Avvocato Gianni Agnelli: “In Italia per fare una politica di destra ci vuole un governo di sinistra”. Cioè se noi imprenditori  vogliamo stare tranquilli e avere dei vantaggi dobbiamo  votare a sinistra. Affermazione che calza a pennello per la giunta comunale di Milano, guidata dal sindaco Sala e investita da una indagine giudiziaria per presunti intrallazzi e violazioni di norme edilizie.

Diciamo subito che la questione non è tanto giudiziaria. Purtroppo da tangentopoli in poi se non si mette in galera qualcuno, lo scandalo non esiste. E, invece, ci sono anche gli scandali, non meno gravi, di carattere politico, quelli che pur rispettando le norme arricchiscono pochi e penalizzano la moltitudine dei normali cittadini. Se fare una politica di sinistra vuol dire avere attenzione per le classi meno agiate o il cosiddetto popolo lavoratore, ebbene a Milano si è fatto tutto l’opposto, senza che la signorina Elly Schlein abbia mai avuto nulla da dire, forse perché troppo distratta nel difendere i capricci delle minoranze LGBTQ+ e nel polemizzare su tutto con la premier Giorgia Meloni. D’altronde, il caso Milano dimostra che l’affermazione secondo cui il Pd è il partito della “zona ZTL” non è campata in aria.

Milano negli ultimi anni ha avuto un grande boom edilizio. Se si fosse trattato di sindaci democristiani o di centro destra di beneamata memoria (tipo quelli che hanno governato Torino, Napoli  e Roma) si parlerebbe  da parte dell’intellighentia progressista e dei suoi megafoni giornalistici di “sacco di Milano” e di “speculazione edilizia selvaggia”. Chiunque conosce le faccende milanesi sa benissimo come sono andate le cose soprattutto nell’ultimo decennio.

In occasione e dopo l’Expo Universale 2015 la città si è riempita di grattacieli e case di lusso ed extralusso, con un profluvio di permessi edilizi che, a leggere le carte della magistratura, ruotavano intorno ai soliti nomi e sono stati un tantino spicci: del tipo presento una semplice pratica di ristrutturazione edilizia anche quando al posto di un garage o di una fabbrichetta costruisco un palazzo che svetta nel cielo.

Contemporaneamente per riempire i nuovi palazzi (uffici e abitazioni) si è perseguita una aggressiva e totalmente liberistica politica di attrazione di attività economiche, anche a scapito di altre città (Torino in primis), intasando Milano e la sua cintura, Oggi Milano è una città Moloch, un agglomerato urbano che scoppia, con situazioni estreme: il traffico cittadino e delle sue tangenziali è assolutamente caotico, con tempi di percorrenza che ricordano le diligenze ottocentesche. Alla faccia della programmazione economica, un tempo cavallo di battaglia delle sinistre (da quella democristiana in là).

Il problema è che in questo modo si è creata una bolla immobiliare che ha fatto esplodere i costi degli appartamenti. I prezzi sono ormai talmente alti che anche la media borghesia fa molta fatica a permetterseli e non è raro il caso di gente che, volendo aumentare la metratura del proprio alloggio per esigenze familiari, vende e va in affitto. I costi di questi nuovi appartamenti sono facilmente verificabili, anche a seguito di vicende finite sui giornali, come quella della coppia Ferragni-Fedez, con l’acquisto di un attico nella zona di City Life al prezzo di 20 mila euro al metro quadro. Non parliamo dei mini alloggi per single o studenti universitari fuori sede: i mille euro al mese di affitto per 25-30 metri quadrati sono il minimo. “Le politiche urbanistiche portate avanti in questi anni a Milano – ha riconosciuto  Angelo Bonelli, leader dell’Alleanza Verdi Sinistra – hanno generato un processo che non esito a definire gentrificazione. Parliamo della trasformazione di interi quartieri popolari e operai in aree ad alta rendita immobiliare, con l’effetto che le classi medie e lavoratrici sono state spinte sempre più ai margini della città, verso la periferia della periferia”.

Insomma si sono favorite le classi agiate o molto agiate a scapito della grande maggioranza della popolazione.  Ma una giunta comunale assennata e progressista avrebbe dovuto governare questo formidabile cambiamento della città, indirizzarlo su binari più equilibrati, frenare se il caso l’elefantiaco insediamento di nuove attività produttive ed economiche, privilegiare lo sviluppo di un tipo di edilizia convenzionata, affidata a cooperative di lavoratori. Lo si fece in larga misura a Torino negli Anni 60 e nei primi anni 70, in particolare nel quartiere Santa Rita per favorire l’insediamento di dipendenti della Fiat (dalla famiglia operaia al dirigente) che lavoravano nello stabilimento di Mirafiori (a quell’epoca vi erano quasi 70 mila persone). Un’edilizia sobria, ma non avvilente come purtroppo è poi avvenuto sulla Spina 3, dove la giunta torinese di sinistra ha consentito uno stile costruttivo para-sovietico, tanto che il padre del nuovo piano regolatore, l’architetto Augusto Cagnardi, scrisse una amareggiata lettera al  sindaco Piero Fassino, parlando di “idee tradite” e affermando che delle nuove architetture non ce n’era nessuna che meritasse “una citazione”.

Author: Pier Carlo Sommo

Torinese, Laureato in Giurisprudenza, Master in comunicazione pubblica e Giornalista professionista. Dal 1978 si occupa di comunicazione e informazione nella pubblica amministrazione. Ha iniziato la carriera professionale presso la Confindustria Piemonte. Dopo un periodo presso l'Ufficio Studi e Legislativo della Presidenza della Regione Piemonte nel 1986 è diventato Vice Capo di Gabinetto e Responsabile Relazioni Esterne della Provincia di Torino Dal 1999 al 2020 è stato Direttore delle Relazioni Esterne e Capo Ufficio Stampa dell'ASL Città di Torino. Autore di saggi, articoli e ricerche, ha pubblicato numerosi volumi e opuscoli dedicati alla comunicazione culturale - turistica del territorio. È docente in corsi e seminari sui problemi della comunicazione e informazione presso le società di formazione pubbliche e private . Professore a contratto di Comunicazione Pubblica presso l'Università di Torino e Università Cattolica. embro del Direttivo del Club di Comunicazione d'Impresa dell’Unione Industriale di Torino, dal 2005 al 2008 è stato Vice Presidente. Presidente del Comitato scientifico di OCIP Confindustria Piemonte Membro del Comitato Promotore dell' Associazione PA Social, È stato Segretario Generale Nazionale dell'Associazione Comunicazione Pubblica e Istituzionale dal 2013 al 2020.