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Ciclicamente qualcuno propone di abolire l’insegnamento della storia nelle scuole, altri invece scrivono libri assurdi che distorcono la storia per ragioni politiche o anche solo per ignoranza e mancanza di cultura e spirito di ricerca. Specialmente gli eventi storici della seconda guerra mondiale hanno oggi spesso una narrazione confusa, alterata da residui nazionalismi e distorsioni a fini politici, che concorrono a vedere in modo alterato fatti che oggi è doveroso esaminare con una neutralità critica, per una valutazione corretta. Il passato dovrebbe essere osservato e studiato come una concatenazioni di eventi che porta alla creazione di una memoria condivisa che racconti la storia di tutti, nella sua verità e integrità, al di là delle passioni politiche o umane.

Nello spirito di una narrazione corretta il 7 maggio 2025 al Circolo Unificato dell’Esercito di Torino si è svolta la Conferenza “La battaglia delle Alpi Occidentali 10-25 giugno 1940” organizzata dalla Sezione Provinciale di Torino dell’Associazione Nazionale Artiglieri D’Italia e dall’Union Des Artilleurs du Lyonnais et de la Region (U.A.L.R.). Relatori: il Prof. Pier Carlo Sommo (Università di Torino) e il Gen. D. Jean-Pierre Meyer (Armee Francaise).
Al centro dell’incontro italo – francese la brevissima battaglia delle Alpi del giugno 1940. Si può sintetizzare che quegli eventi furono l’inizio sbagliato di una guerra sbagliata. Ma possiamo anche dire che ancora oggi la narrazione è imprecisa. Residui sciovinismi e strumentalizzazione politica concorrono a esporre in modo distorto quei fatti. In primo luogo, senza confutare o sminuire la negatività e inopportunità, sotto gli aspetti militari e politici, dell’attacco alla Francia del giugno 1940 è opportuno soffermarsi sui rapporti tra i governi italiani e francesi dall’Unità d’Italia al 1940, non lineari e amichevoli, come spesso superficialmente si afferma.

Il primo periodo di tensione fu dal 1864 al 1870, per la “questione romana” inerente Roma Capitale. Nel febbraio 1871, dopo la sconfitta francese di Sedan, ad opera dei prussiani, a Nizza, da poco ceduta alla Francia, la popolazione di etnia italiana si sollevò. La rivolta fu repressa dalle truppe francesi (vespri nizzardi). Il governo francese incarcerò molti irredentisti. Dal 1880 vi furono tensioni per l’occupazione francese della Tunisia. Nel giugno 1881 a Marsiglia avvennero i cosiddetti “vespri marsigliesi”. Durante la sfilata del corpo di spedizione francese di ritorno dalla Tunisia, si scatenò una caccia agli italiani con 3 morti e 20 feriti. Nell’agosto 1893 ad Aigues-Mortes, nella regione del Languedoc – Roussillon, avvennero disordini xenofobi che causarono la morte di una ventina di immigrati italiani impiegati nelle saline. Nel 1894 i rapporti con gli italiani furono tesi per l’assassinio del Presidente della Repubblica francese, Marie Francois Sadi Carnot, compiuto dall’anarchico italiano Sante Caserio.

Dopo l’avvio della prima guerra mondiale, nel 1915 l’Italia aderì alla Triplice Intesa con Francia e Gran Bretagna siglando il patto di Londra che impegnava l’Italia all’ingresso in guerra in cambio dell’annessione del Trentino, dell’Alto Adige, la Venezia Giulia e l’intera penisola Istriana, parte della Dalmazia e isole adriatiche. Alla fine del conflitto all’Italia fu riconosciuto solo un ruolo minore. Molte delle richieste di compensazione territoriale fatte dal governo italiano non furono accolte e nacque la questione della “vittoria mutilata”. Nel primo dopoguerra altri attriti diplomatici furono causati poi dalle guerre di Etiopia e Spagna. Quindi, è evidente, che la situazione dei rapporti italo-francesi nel periodo dal 1870 al 1940 fu complessa e altalenante e, al momento dello scoppio delle ostilità del 1940, non vi era alcun rapporto di alleanza o amicizia.

La battaglia delle Alpi del giugno 1940 è pacifico che segnò l’inizio di una guerra “sbagliata” con un attacco militare “sbagliato”, ma riteniamo che la “pugnalata alle spalle” è stata una figura retorica inventata dalla propaganda di guerra che in qualcuno sopravvive ancora oggi, e molto ha danneggiato i rapporti tra i due paesi. Gli atti politici che possono diventare guerra non tengono conto di sentimenti come amicizia o simpatia, salvo non si violino specifici trattati di “amicizia” o “non belligeranza”. La guerra alla Francia fu correttamente dichiarata secondo le regole diplomatiche internazionali, ad un paese che non era legato all’Italia da alcuna alleanza o convenzione.
Nel corso del Secondo conflitto mondiale avvennero fatti ben peggiori della cosiddetta “pugnalata”. La Germania e l’URSS invasero la Polonia senza alcuna dichiarazione, l’URSS violò anche uno specifico patto di “non aggressione” con i polacchi. Il Giappone bombardò Pearl Harbour parecchie ore prima della dichiarazione di Guerra. Crimini di guerra furono già perpetrati dai tedeschi sul fronte francese nel 1939-40 prima della Battaglia delle Alpi. O, peggio, pochi ricordano che, il 3 luglio 1940, la Gran Bretagna, in palese violazione del diritto internazionale (attacco a un paese alleato e nessuna dichiarazione di guerra) bombardò la flotta francese a Mers el Kebir uccidendo 1300 marinai francesi. L’attacco italiano sulle Alpi del giugno 1940 causò in totale 37 morti tra i militari francesi.
In generale l’attacco alla Francia sul piano strategico-militare fu il classico sconsiderato atto di un dittatore che pensa di avere nozioni militari, insieme a Mussolini anche Hitler e Stalin causarono massacri di truppe e sconfitte militari credendosi strateghi. Il grande stratega Carl von Clausewitz aveva affermato che “Attaccare la Francia dalle Alpi sarebbe come pretendere di sollevare un fucile afferrandolo per la punta della baionetta”. L’osservazione vale per entrambe i lati delle Alpi, anche per i francesi sarebbe stato pressoché impossibile valicare le montagne. Ciò fu dimostrato dalla seconda battaglia delle Alpi del settembre 1944 – maggio 1945 quando i francesi passarono i monti solo dopo il ritiro delle forze tedesche collassate nella pianura padana e non sulle Alpi.

Nel 1940 la battaglia durò quattro giorni scarsi: dalla mattina del 21 giugno alla notte del 24. Era un’offensiva senza speranza: la frontiera francese era ben fortificata. Già tutti gli studi militari italiani dello Stato Maggiore del Regio Esercito escludevano la possibilità di uno sfondamento, i piani militari erano stati sempre solo difensivi. Le truppe italiane andarono all’attacco delle posizioni francesi senza altro appoggio che il fuoco dei forti italiani, quasi sempre orientati alla difensiva. Il tempo era pessimo, di notte temperature fino a 20 gradi sotto zero con neve. In termini militari, era un’offensiva fallita in partenza. In termini politici, era un’offensiva che doveva dimostrare che anche l’Italia aveva avuto qualche parte nella guerra. Anche in questo caso fallita
Raccontare i quattro giorni dell’offensiva italiana è difficile. Non vi fu un centro, un obiettivo preciso, Si attaccò su tutto il fronte dal Monte Bianco al mare, in una dozzina di settori diversi con uno schema sbagliato, pressoché uguale.

Esempio sono alcuni punti significativi. Al passo del Piccolo San Bernardo la strada fu interrotta dalla distruzione dei ponti e da un vecchio fortino francese con poche mitragliatrici e una settantina di uomini, che impedì il passaggio delle fanterie italiane, protetto dal fuoco dei retrostanti forti francesi. Le truppe italiane riuscirono a occupare piccole parti del versante francese, ma non a raggiungere Bourg St. Maurice.
Il Forte Chaberton in val di Susa era una struttura di inizio 900, nel 1940 era superata come potenza e protezione. I molti colpi sparati dallo Chaberton nei primi giorni di guerra fecero pochi danni ai forti francesi della conca di Briançon. Il 21 giugno 4 mortai da 280 distrussero in poche ore sei delle otto torrette del forte.

Mentone, vantata come importante conquista da Mussolini, era in verità una zona che i costruttori della Maginot alpina, decisero di lasciare davanti alla «posizione di resistenza» articolata sui forti retrostanti. Dopo aspri combattimenti il territorio occupato fu solo una striscia di quattro chilometri nell’abitato di Mentone.
All’ Armistizio i territori occupati dall’Italia avevano un’estensione di 832 km² ed una popolazione di 28.523 abitanti. Le cifre delle perdite umane chiaramente documentano l’assurdità di quell’attacco di fanterie scagliate contro le moderne fortificazioni senza appoggio nè dell’artiglieria né dell’aviazione. I francesi ebbero 32 morti, 121 feriti. Gli italiani 642 morti, 2631 feriti. Cifra significativa tra i feriti 2151 congelati gravi, il tempo era pessimo, anche se era giugno.
La vittoriosa resistenza dell’ Armée des Alpes fu l’unico successo francese nel tragico disastro della

primavera 1940, è comprensibile che sia ricordata e celebrata. Il grande merito dell’Armèe des Alpes fu di continuare a combattere con determinazione quando la Francia crollava, anche contro i tedeschi che avanzavano da Lione. Il successo contro gli italiani non deve essere però esagerato sul piano militare, nella battaglia delle Alpi del 1940 tutti i vantaggi erano dalla parte francese.
Esaminati errori e criticità, realtà e propaganda, possiamo affermare che l’unico elemento positivo fu che in una guerra mondiale, che diventò lunga e feroce, dove vi furono atrocità e crimini di guerra (anche da parte francese, nel Sud Italia 1944), il breve scontro di quel giugno 1940 avvenne rispettando il diritto internazionale, senza ferocia e cattiveria.
Dopo 85 anni possiamo concludere che parliamo di un episodio della storia d’Europa, ormai irreversibilmente Unita che deve essere visto e valutato solo come fatto storico. Considerato nello stesso modo come oggi guardiamo le guerre territoriali che dilaniarono l’Italia per secoli prima dell’Unità, quando si scontrarono comuni con comuni, signorie e ducati. Sono tutti fatti che lentamente portarono all’Unità. Oggi è inconcepibile una guerra tra Asti e Alba o Firenze e Siena come nel Medioevo; la loro rivalità è ormai solo storia antica e in tal modo debbono essere viste le tante guerre che hanno dilaniato le nazioni europee fino a 80 anni fa.