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Carola Vai

Anno complicato il 2021 con notizie sempre più allarmistiche sulla salute (complice il Covid), sull’ambiente, sull’economia. Persino sui consumi delle tradizionali uova di Pasqua al cioccolato. Il simbolo per eccellenza delle feste pasquali, soprattutto in Italia, contribuirebbe a penalizzare l’ambiente. Motivo? La deforestazione dei Paesi produttori di zucchero e cacao con gravi ripercussioni sul riscaldamento globale e la perdita di biodiversità. A lanciare l’allarme è stato il WWF. Convinzione che non si intende mettere in dubbio. Tuttavia le uova di Pasqua al cioccolato sono una minuscola “goccia”  nel mercato dolciario, mentre occupano un ruolo importante nella storia della cultura dell’Europa.

Carola Vai

Dunque, perché non individuare provvedimenti volti a infondere ottimismo, la miglior medicina per dare forza a qualsiasi essere umano, anziché creare paura con notizie negative? Certo zucchero e cacao arrivano in gran parte dai Paesi tropicali: Brasile, Indonesia e Congo  il primo; Costa D’Avorio, Ghana, Nigeria e Camerun, il secondo. Ridurre la produzione in quei territori significa impoverire ulteriormente popolazioni già povere, mentre penalizzerebbe molte industrie del settore presenti in Europa, soprattutto in Italia. Prevedere provvedimenti a salvaguardia di ambiente, lavoratori e prodotto sarebbe certamente più costruttivo di semplici allarmismi globali. La crescita dei consumi di zucchero e di cacao interessa tutti i continenti.  Ma l’estensione incontrollata delle coltivazioni di canna da zucchero riguarda in gran parte il Brasile oggi primo produttore al mondo di canna da zucchero (da cui si ottiene l’80% dello zucchero prodotto a livello mondiale, contro il 20% ricavato dalle barbabietole), mentre la coltivazione di fave di cacao è concentrata quasi tutta nei Paesi dell’Africa occidentale con conseguente deforestazione per fare spazio alle coltivazioni. Secondo gli scienziati l’aumento continuo di tali produzioni e la scomparsa di chilometri di foreste avrà effetti devastanti sui cambiamenti climatici.

Le uova di Pasqua al cioccolato in tale vicenda occupano un posto minimo, mentre hanno un ruolo importante nell’Europa moderna . Se è vero che cibo e cucina sono aspetti basilari della cultura di un popolo, anche le uova di Pasqua al cioccolato sono espressione di gusti, creatività e bellezza di una storia europea migliorata con il trascorrere dei secoli. Tra molti popoli, Pasqua significa prima di tutto celebrare la rinascita, il passaggio, l’avvento della primavera, del risvegliarsi della natura; nella tradizione cristiana è la festa della resurrezione, del ritorno alla vera vita. La simbologia dell’uovo ha radici millenarie.

Uovo Fabergè

L’uovo, elemento della vita, fu considerato prezioso in diverse credenze pagane e mitologiche. Egizi, greci, cinesi lo legavano in qualche modo alla primavera. Tra i persiani era diffusa l’usanza di scambiarsi uova di gallina con l’arrivo della stagione primaverile. Tra alcune popolazioni sorse l’abitudine di decorarle a mano. La tradizione venne ripresa dal Cristianesimo, così l’uovo diventò simbolo della Resurrezione di Cristo. Da qui il suo legame con la Pasqua. Usanza che si propagò soprattutto nel Medioevo. Con il tempo, alle uova normali adornate con i fiori dalla gente comune si aggiunse la moda, tra i ricchi, delle uova fabbricate in argento, oro, platino.

L’usanza delle uova preziose si diffuse soprattutto a fine Ottocento con il successo dell’orafo Peter Carl Fabergé incaricato dallo zar Alessandro III, di realizzare uova decorate per la zarina. La leggenda dice che all’interno di quel primo uovo Fabergè, in platino, ci fosse un altro uovo d’oro, il quale conteneva ulteriori due doni. Un “uovo matrioska” antenato di tutte le uova con sorpresa.

Uovo di Pasqua al cioccolato

Fu in questi anni, o poco prima, che arrivarono le uova di Pasqua al cioccolato. Secondo alcuni ricercatori le prime furono realizzate in Francia, ai tempi del Re Sole, Luigi XIV. Sarebbe stato lui a chiedere un uovo di crema di cacao al suo chocolatier di corte. Ma per altri la tradizione nascerebbe dall’ingegno dei mastri cioccolatai torinesi nel Settecento. Del resto l’interesse per la cioccolata a Torino risale al 1560 quando l’allora re del Ducato di Savoia, Emanuele Filiberto per festeggiare il trasferimento della capitale del regno da Chambery a Torino offrì alla corte una tazza di cioccolata fumante. L’interesse e la passione per il dolce crebbe di anno in anno sviluppando sempre nuovi prodotti come il Gianduiotto, il Bicerin, l’Alpino, la crema spalmabile e nuove tecniche di lavorazione e produzione. Alla corte iniziò il rito della Merenda Reale con cioccolata calda dove si immergevano biscotti secchi tradizionali accompagnati da cioccolatini. All’inizio del Settecento quando comparve l’uovo al cioccolato di Pasqua, a Torino regnava Vittorio Amedeo II di Savoia sposato a Anna Maria d’Orleans, nipote del Re Sole. Comprensibile che la moda parigina arrivasse nella capitale sabauda, e che le invenzioni torinesi finissero per diffondersi anche nella corte francese.

Fatto sta che a partire dall’Ottocento le uova al cioccolato iniziarono a diffondersi sempre più, fino a diventare una presenza costante nelle case italiane e dell’intera Europa nel periodo di Pasqua. Tradizione cresciuta al punto da rendere il prodotto immancabile sulle tavole anche in questo 2021 , per la seconda volta penalizzata dalla pandemia. Uova al cioccolato di tutti i tipi (fondente, al latte, dolce, amaro, bianco, con granella di nocciole, con pistacchio, con menta e tanto altro) e di tutte le dimensioni. E, naturalmente, di tutti i prezzi. Uova artigianali, e uova d’arte, molto diffusi tra le molte cioccolaterie di Torino; e uova commerciali. Ed anche uova al cioccolato solidali realizzati da organizzazioni senza scopo di lucro impegnate in campo umanitario.

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)