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Carola Vai

La crisi del #coronavirus avrà effetti sull’abbigliamento delle donne? L’interrogativo, al primo impatto banale, potrebbe riservare risultati sorprendenti nei prossimi mesi. Settimane di vita domestica obbligatoria hanno già fatto crescere negli Stati Uniti e in Gran Bretagna le vendite on line di felpe, tute da ginnastica e abiti casual.  Fatto meno vissuto in Italia perché ancora poco abituata agli acquisti in rete.

La storia insegna che ogni tragico evento provoca cambiamenti nei costumi sociali. Basta ricordare la prima guerra mondiale. Le donne, costrette a sostituire gli uomini impegnati a combattere, hanno cominciato ad accorciare le gonne per muoversi con più agilità E qualche volta le hanno sostituite con i pantaloni. Situazione continuata nella seconda guerra mondiale. Quando è finalmente tornata la pace, pantaloni e abiti più confortevoli sono rimasti nella quotidianità.  Del resto la libertà passa anche dall’abbigliamento. Nelle nazioni dove alle donne è vietato vestirsi come desiderano, la libertà non esiste. Dunque che segno lascerà nei costumi sociali l’esperienza di molte settimane

Evita Peron

di lockdown? Il mondo della moda prima dello scoppio della pandemia aveva presentato le sue sfilate in Italia, in Francia, negli Stati Uniti e in molti altri Paesi. I vari modelli di vestiario distribuiti sui mercati, poi rimasti in gran parte invenduti per la chiusura di atelier, negozi, magazzini saranno ancora graditi dalla clientela? Probabilmente sì. Tanto più che uno dei capi tornato all’attenzione dopo anni di trascuratezza è la giacca. In tutte le sue espressioni: lunga e diritta, corta e stretta, larga, oversize, con uno o più bottoni. Gli stilisti sembravano aver colto il desiderio delle donne di tornare ad affermare il proprio valore ed il proprio ruolo nella società sfumato negli ultimi tempi. Un’aspirazione che la crisi provocata dal coronavirus ha ulteriormente accentuato.  Del resto la giacca è un

simbolo con origini lontane. Eva Peron, first lady dell’Argentina, negli anni quaranta parlava alla folla, soprattutto alle donne, indossando un completo gonna-giacca che la faceva sentire sicura e professionale. Coco Chanel nel 1954 inventò la giacca di tweed, corta, senza collo, amata da milioni di donne di tutte le età, perché indossandola infondeva una sensazione di libertà.

Christine Lagarde

Molti altri stilisti negli anni offrirono modelli di giacche per tutti i gusti. Le donne di potere trasformarono il capo in una “divisa” pur con un’infinità di sfumature. Ed anche se la giacca ha vissuto i primi anni duemila un poco dimenticata da quasi tutto il mondo femminile, non ha mai perso l’attenzione della gran parte delle donne di potere. A tutti i livelli: politico, aziendale, scientifico, culturale. Un indumento utile per lanciarsi alla conquista del ruolo che si vuole ottenere,  indispensabile quando il vertice è stato raggiunto. Un capo adatto ad imporre la propria immagine, a sentirsi a proprio agio, a non allontanarsi troppo da se stesse, ne dagli uomini con i quali la donna di potere si trova spesso a lavorare. Scomparse le giacche con spalline imbottite apprezzate  tra gli anni settanta-ottanta da Marisa Belisario, la più importante dirigente d’azienda italiana dell’epoca, sono arrivati modelli ugualmente grintosi.

E’ il caso del giubbotto in pelle della francese Christine Lagarde,  presidente della Banca Centrale Europea. Prima donna ad occupare un ruolo ritenuto in precedenza solo maschile, Christine Lagarde esibisce per lo più giacche di stoffe, modelli e colori variegati, ma molto femminili. Amante delle perle le porta preferibilmente a filo unico sulla linea del collo, aumentando la femminilità della giacca.

Più lineare nella foggia, e nei colori , spesso nelle tonalità di blu, o bianco, caratterizzate da uno stile formale, solo

Ursula von der Leyen

raramente anticonvenzionale, le giacche indossate da Maria Elisabetta Alberti Casellati, prima donna ad essere eletta Presidente del  Senato . Risultato?  Uno stile glamour, seducente  e rassicurante. Casellati in tempi di #coronavirus ha mantenuto il suo stile fatto quasi sempre di completi pantaloni di ottima fattura  ravvivati da preziose spille. Stesso comportamento lo ha tenuto Angela Merkel  che negli anni non ha mai cambiato immagine: pantaloni scuri e giacche sempre dello stesso modello, ma ogni volta di colore diverso. Nessun gioiello. La Cancelliera tedesca, scienziata cresciuta nella Germania dell’est, anche in tempi di #covid-19 ha tenuto a comunicare di non avere

tempo da perdere nella scelta dell’abbigliamento. Allo stesso tempo, ha espresso ancora una volta attraverso la semplicità del suo abbigliamento, tenacia e determinazione, come è emerso anche  dall’abilità di affrontare l’epidemia. Giacche semplici, corte, ma a colori vivaci quelle indossate da Ursula von der Leyen, prima donna a presiedere la Commissione Europea. Anche lei predilige pantaloni scuri e scarpe basse. “Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro

Biografia su Rita Levi-Montalcini di Carola Vai

intelligenza”, amava ripetere Rita Levi-Montalcini. Tuttavia la scienziata, donna di potere mondiale, era consapevole dell’importanza di comunicare con l’abbigliamento. Lei stessa come si legge nel mio libro “Rita Levi-Montalcini, una donna libera” (Rubbettino editore)  quando andò a ritirare il Premio Nobel per la Medicina a Stoccolma, nel 1986, si preoccupò dell’abito la cui immagine le avrebbe consentito di entrare nella memoria degli osservatori (come avvenne) e non di quanto avrebbe dovuto dire, perché la materia la conosceva bene.

Tra le donne di potere ci sono pure le first lady, ben diverse dalle donne che invece il potere lo hanno conquistato con il proprio lavoro. A questa categoria tra le più importanti del momento c’è Melania Trump abituata a indossare raramente giacche alla Casa Bianca . E c’è la francese Brigitte Macron che per via dei suoi 24 anni di età in più del marito tanto scalpore fece all’elezione di Emmanuel Macron a Presidente della Francia nel 2017 . Ma la sua abilità, bella presenza, stile, hanno messo tutti a tacere. I look di Brigitte hanno finito per sedurre tanto il pubblico francese che quello di  altre parti del mondo. La first lady di oltralpe, bellezza moderna con un fisico asciutto da ragazzina, con la sua magistrale eleganza è talmente apprezzata dagli stilisti francesi da indurli a sforzarsi

Brigitte e Emmanuel Macron

per attrarre l’attenzione sulle loro proposte. Infine tra le donne di potere ci sono le regine. A dominare le classifiche è Elisabetta II che a 94 anni continua rappresentare in modo impareggiabile sia la Casa Reale che il popolo britannico. L’emergenza coronavirus ha costretto la sovrana ad un isolamento dannoso per le entrate economiche della Royal family. Lei è comunque riuscita con due apparizioni televisive a trasmettere forza, tenacia e tranquillità alla sua gente con un look semplice e raffinato, studiato nei minimi dettagli. In grado di indossare molto bene tutti i capi che le vengono

proposti pure Letizia Ortiz, regina di Spagna dopo che il marito Felipe è salito sul trono lasciato con l’abdicazione del padre, re Juan Carlos, nel 2014. La coppia che il 22 maggio scorso ha festeggiato 16 anni di matrimonio coronato da due figlie, ha vissuto il dramma del coronavirus con rare apparizioni in pubblico. Letizia, ex giornalista, prima borghese a entrare nella Casa Reale di Spagna, un divorzio

Letizia Ortiz

alle spalle, pur con grande attenzione al look e indossando magnificamente tutti i capi che le vengono proposti, non è riuscita a conquistare il podio delle regine europee più affascinanti. A incidere negativamente, forse, ha contribuito e continua pesare la scarsa propensione al sorriso solare e una criticata freddezza verso

il popolo spagnolo. A conferma che l’abbigliamento per le donne di potere è importante per esprimere volontà, ruolo e obiettivi, ma occorre saperlo fare.

Intanto, in attesa di vedere gli effetti della crisi del #coronavirus sull’abbigliamento, si diffondono  sul mercato i brand ecosostenibili. Tra i più recenti “Rifò”, casa di moda con sede in Toscana, che ha lanciato la giacca “Avanguardista” in tessuto denim riciclato e rigenerato, realizzata a km 0 nel distretto di Prato. Per sapere se sarà apprezzata, occorre attendere i prossimi mesi.

 

 

 

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)