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Dario Gedolaro

Subito dopo la vittoria elettorale alle politiche del 2022 avevo scritto che il centrodestra avrebbe dovuto temere soprattutto se stesso. Dopo 1 anno e mezzo di relativa calma, si vedono i primi scricchiolii. Uno, il più importante, viene dalla Sardegna, dove la voglia di Fratelli d’Italia di avere la poltrona di presidente della Regione ha fatto una bella frittata. Era stata Giorgia Meloni in persona, ingaggiando un braccio di ferro con Matteo Salvini, ad imporre un compagno di partito, fedelissimo della prima ora. Una questione di rapporti di forza da riequilibrare all’interno del centrodestra, era stata la motivazione addotta.

Nuraghe

Ma l’aver silurato l’uscente Christian Solinas (Partito Sardo d’Azione, sostenuto dalla Lega) per imporre il sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, si è rivelato un autogol. Che Truzzu non fosse il candidato giusto è dimostrato da alcuni dati evidenti. In Sardegna vige il meccanismo del voto disgiunto: posso scegliere un presidente e contemporaneamente votare la coalizione avversaria. Ebbene Truzzu ha preso il 45% dei voti, la coalizione di centro destra il 48,8%. Il campo largo M5S-PD ha raccolto soltanto il 42,5%, ma la sua candidata, Alessandra Todde, il 45,4%. Non basta: a Cagliari, dove Truzzu è sindaco, la sua debacle è stata clamorosa: è stato staccato dalla sua rivale di ben 20 punti percentuali.

Insomma, l’uomo sbagliato nel posto sbagliato.  E così si perdono le elezioni anche quando come voti la coalizione è in testa con un buon margine. Un vero e proprio Harakiri. Forse sarebbe bene che Giorgia Meloni riflettesse a fondo su questa scelta e che facesse una bella sfuriata ai suoi. Bastava ingaggiare qualche sondaggista, prima di volere a tutti costi Truzzu come candidato, per rendersi conto che la scelta non avrebbe pagato.

Così come Giorgia Meloni deve riflettere sulle capacità del suo ministro all’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Francesco Lollobrigida, compagno di sua sorella. Viste le proteste del mondo agricolo di questi giorni, c’è da domandarsi se non sia assurto alla carica più per una questione di famiglia che di competenze. La politica agricola del governo a livello italiano e, oltre che europeo, rappresenta il secondo scricchiolio per il governo. Ora ci sono state frettolose marce indietro, ma che non possono rimediare alle brutte figure fatte. Eppure il mondo agricolo è un serbatoio di voti importante per il centrodestra, il quale però si è fatto prendere in contropiede con i trattori che hanno invaso le strade dell’Italia e dell’Europa comunitaria. Che Lollobrigida sia un altro compagno di battaglie della Meloni, così come Truzzu, porta a farsi delle domande sulla qualità della classe dirigente di Fratelli d’Italia. Non è giusto trarre conclusioni frettolose, ma il dubbio rimane.

Il terzo problema viene dalla bocciatura della legge che avrebbe consentito il terzo mandato ai presidenti di Regione, un provvedimento su cui il centrodestra si è spaccato con la Lega favorevole (per ricandidare Zaia) e Fratelli d’Italia e Forza Italia contro, speranzosi di mettere un loro uomo sulla poltrona di presidente del Veneto. Scrive IL Sole 24 Ore: “Adesso la partita si è chiusa con il “no” della Commissione sia da Meloni che da Tajani (oltre che dalla sinistra), ma dopo il caso Sardegna la premier dovrebbe almeno porsi una domanda. Se cioè non sia il caso di cercare una mediazione con i presidenti di Regione e non imporre le scelte con il pugno. Ecco, guardando alle sfide regionali dei prossimi anni, mettersi contro Governatori popolari come Zaia o Toti, non è una buona idea”. Stiano attenti i partiti di centrodestra: il loro elettorato non sopporta i litigi, è meno acriticamente schierato, al contrario di quello della sinistra, che è più ideologico, si sente eticamente superiore. E’ vero che il Pd ne ha perso parecchio, ma soprattutto perchè con la segreteria di Enrico Letta si è trasformato in una sorta di partito radicale di massa, che inseguiva capricci individualistici e falsi problemi, trascurando quelli reali della gente. I suoi elettori in molti casi non gli hanno voltato del tutto le spalle, sono saliti sull’Aventino e non sono andati alle urne.

Giuseppe Conte

Ma, se il segnale che viene dalla Sardegna è pesante per il centrodestra, non può non preoccupare anche il Pd. Pur di tentare di vincere, la sua segretaria, Elly Schlein, si è buttata nelle braccia del M5S. Alessandra Todde, imprenditrice sarda (è di Nuoro), è una politica organica al movimento grillino, parlamentare del partito ne ha ricoperto anche la carica di vicepresidente. Insomma, l’“avvocato del popolo”, Giuseppe Conte è il vero vincitore. E’ astuto e ora parla di “campo giusto” contrapponendolo al concetto di “campo largo” ad egemonia Pd. Sta pilotando il movimento verso una sua totale legittimazione e pari dignità a sinistra, dove si è guadagnato uno spazio non lesinando ironie e critiche al Pd (come quando ha rifiutato di partecipare con i democratici alla manifestazione davanti alla RAI contro la lottizzazione da parte del “centrodestra”, ricordando che appena può la sinistra fa lo stesso).

Il Pd deve attentamente considerare che in Sardegna la Lista Todde e il M5S hanno raggiunto insieme il 12% dei voti, poco meno del suo 13,8%,. L’abbraccio tattico fra i due partiti chi avvantaggerà di più? E come la mettiamo con le divergenze su temi importanti? Dalle armi all’Ucraina al sostengno a Israele, dal reddito di cittadinanza alle grandi opere, e via discorrendo. Il Pd si ricordi della fine fatta dal governo Prodi, caduto nel 1998 (che aveva imbarcato da Mastella a Bertinotti), e del governo gialloverde fra i grillini e i leghisti (durato solo 11 mesi). Insomma, il cinismo politico a breve paga, ma alla lunga non regge.

Author: Pier Carlo Sommo

Torinese, Laureato in Giurisprudenza, Master in comunicazione pubblica e Giornalista professionista. Dal 1978 si occupa di comunicazione e informazione nella pubblica amministrazione. Ha iniziato la carriera professionale presso la Confindustria Piemonte. Dopo un periodo presso l'Ufficio Studi e Legislativo della Presidenza della Regione Piemonte nel 1986 è diventato Vice Capo di Gabinetto e Responsabile Relazioni Esterne della Provincia di Torino Dal 1999 al 2020 è stato Direttore delle Relazioni Esterne e Capo Ufficio Stampa dell'ASL Città di Torino. Autore di saggi, articoli e ricerche, ha pubblicato numerosi volumi e opuscoli dedicati alla comunicazione culturale - turistica del territorio. È docente in corsi e seminari sui problemi della comunicazione e informazione presso le società di formazione pubbliche e private . Professore a contratto di Comunicazione Pubblica presso l'Università di Torino e Università Cattolica. embro del Direttivo del Club di Comunicazione d'Impresa dell’Unione Industriale di Torino, dal 2005 al 2008 è stato Vice Presidente. Presidente del Comitato scientifico di OCIP Confindustria Piemonte Membro del Comitato Promotore dell' Associazione PA Social, È stato Segretario Generale Nazionale dell'Associazione Comunicazione Pubblica e Istituzionale dal 2013 al 2020.