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Carola Vai

Centodue anni fa , il 7 maggio 1919, nasceva in una casa di Los Toldos, minuscolo centro della provincia di Buenos Aires, la donna destinata a dividere l’Argentina: Eva Duarte de Peron, detta Evita. Quel giorno il mondo era alle prese con la pandemia della “Spagnola”, spesso mortale come oggi il Covid-19. La povertà dominava in tutti i Continenti. Nessuno immaginava a Los Toldos che la quinta figlia illegittima della cuoca Juana Ibarguren, pur crescendo tra difficoltà, niente studi e molte improvvisazioni, avrebbe scalato il successo fino sposare l’uomo più ammirato del tempo, Juan Peron, e diventare in sei anni, dal 1946 al 1952, non solo la first lady più famosa  dell’Argentina, ma anche una delle figure femminili che il trascorrere del tempo non sembra cancellare dalla memoria dei miti del Novecento.

Eva e Juan Peron

“Quello che vorrei è passare alla storia” cominciò a ripetere fin da giovanissima la ribelle Eva all’amato fratello Juan Ramon e alle sorelle , Blanca, Elisa, Erminda. Pensiero che sussurrò pure sul letto di morte al marito: “mi piacerebbe una sola cosa: avere un piccolo posto accanto a quello grandissimo che la storia ti riserverà”. “Stai tranquilla – assicurò Peron – non sarai dimenticata”. Promessa realizzata più che da Peron, dagli sforzi compiuti da Eva nei suoi 33 anni forsennati. La first lady più amata dagli argentini,  uccisa dal cancro a 33 anni, il 26 luglio 1952, esattamente 69 anni fa, è nel ricordo non solo del Paese sud Americano, ma di quasi tutto il mondo.

Bambina taciturna, nata poverissima, indifferente ai libri, alle confidenze con le amiche per affrontare le sue fragilità, decise di scalare con tutte le sue forze il successo. Diventata first lady ammise. “avrei dovuto studiare storia, geografia, matematica, letteratura, oggi mi sarebbero servite”.  Un rammarico che si trasformò, nel pieno del potere, nella formazione di un club ristrettissimo dove erano ammessi scrittori, poeti, artisti desiderosi di compiacerla. Lei, acuta osservatrice già da bambina, trasse ispirazione e forza per i suoi obiettivi: migliorare la vita dei lavoratori argentini, delle famiglie povere, delle donne. In sei anni da first lady riuscì a farsi spazio tra i miti del Novecento, conquistare un posto d’onore anche tra i personaggi entrati nel vissuto di Giulio Andreotti, personaggio unico in Italia, amico di papi, Capi di Stato, Premi Nobel, dittatori, banchieri, studiosi, artisti, attrici, preti, suore, operai, gente comune.

Immagine di Evita nel 2013 su un Palazzo di Buenos Aires

Eva Peron e Giulio Andreotti si conobbero in Italia nel 1947 quando, entrambi 28enni, vissero un’estate memorabile. Lei, splendida first lady argentina, venne ospitata dal governo italiano guidato da Alcide De Gasperi di cui Andreotti, già sottosegretario, ne era il delfino e uomo di assoluta fiducia. Ed anche se l’incontro delle due figure destinate a entrare nella storia dei reciproci Paesi fu scandita dal cerimoniale che accompagna tutti i programmi governativi previsti nelle occasioni internazionali, non mancò il tempo nella Roma che stava faticosamente risollevandosi dalla seconda guerra mondiale, per uno scambio di idee che lasciarono “un ricordo vivo” nella memoria del futuro sette volte capo del governo italiano, poi senatore a vita, morto il 6 maggio 2013, all’età di 94 anni.  “Era una donna bella, cosa che non guasta, e molto intelligente. La sua conversazione aveva contenuto. Non le ho mai sentito dire cose banali”, mi raccontò Andreotti durante un’intervista . E aggiunse: “. Anche se non ricopriva ruoli politici ufficiali era una donna politica a livello di Stato, non di una parte. Mostrava di seguire quanto accadeva nel mondo con molta attenzione. Non guardava i problemi in modo superficiale, sia del suo Paese che del suo Continente. Aveva anche una visione internazionale che quando la esponeva, puntava diritto ai contenuti. Non si fermava ai semplici complimenti, qualche volta generici, come accade quando ci si incontra tra stranieri”.

Il Sen. G. Andreotti mentre mentre firma il libro “Evita Regina della Comunicazione” di Carola Vai

Andreotti mi spiegò che “in un colloquio con Eva Peron rimaneva impressa la sostanza. Bellezza, intelligenza, abilità politica e preparazione messe insieme colpivano. Ma era il contenuto di quanto diceva che suscitava attenzione, fatto notevole perché normalmente quando un uomo parla con una bella signora, pensa più alla bella signora che a quello che dice. Eva Peron invece faceva osservazioni e rimarchi di carattere politico molto profondi, argomentava e sosteneva le sue idee con grande sicurezza”. L’incredibile successo ottenuto nel suo viaggio in Europa durato dal 6 giugno al 10 agosto 1947, con tappe in Spagna, Italia, Francia, Portogallo, Svizzera, poi in Brasile prima di rientrare in patria, trasformò Eva Peron. La first lady tornò in Argentina più elegante, quasi magica nella costruzione dell’immagine tra l’austero e il regale. Nel ruolo di moglie del Presidente si mostrò più sicura, in quello di personaggio politico più convincente. La sua fotografia finì sui giornali dei principali quotidiani europei e americani.  Anche la rivista “World Report” di New York pubblicò un articolo su quattro colonne dove parlò della carriera politica di Eva Peron. “E’ inevitabile il confronto con la signora Roosevelt” scrisse maliziosamente il giornalista. Nell’articolo si sottolineava l’abilità di Eva Peron nell’interrompere la tradizione passiva delle mogli dei presidenti argentini; si parlava dei suoi ritmi di lavoro “intensi come quelli di Peron”, del suo interessamento ai lavoratori e alle donne.

Carola Vai davanti alla Tomba di Evita nel cimitero della Recoleta

Tornata in patria Evita riprese la sue molteplici attività fino riuscire ad ottenere il diritto di voto per le donne argentine che lo espressero per la prima volta l’11 novembre 1951.  Fu la prima e unica volta anche per Evita. Già molto malata, morirà poco più di otto mesi dopo, lasciando l’Argentina stravolta dal dolore. A quasi settanta anni dalla morte la “madonna dei descamisados” non perde fascino e ancora meno mistero. Il suo spirito resta in continuo movimento, come lo fu da viva. Lei che per non essere dimenticata studiò una forma di comunicazione rivolta al futuro, è riuscita a trasformare il suo nome, Evita, in una sorta di scudo contro le ingiustizie sociali e pure una bandiera per molte donne. La sua tomba, nel cimitero della Recoleta, a Buenos Aires, continua essere meta di estimatori, nostalgici, turisti. Comprensibile l’ipotizzata gelosia di Juan Peron che, tornato in Argentina nel 1973 insieme alla terza moglie, Isabelita, dove venne rieletto per la terza volta Presidente, dovette sempre ricordare i giorni di successo a fianco di Evita per lenire la nostalgia degli argentini. Del resto anche in tempi di Internet, social e Covid19 Eva e Juan Peron continuano essere considerati in Argentina eroi nazionali nonostante le loro contraddizioni in molti casi ancora incomprensibili.

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)