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Dario Gedolaro

C’è un fantasma che gira sulle televisioni italiane e sui social, che agita i sonni dei radical e dei vetero-comunisti, ma anche di una borghesia fru-fru, eternamente adolescente, edonista, dei gay pride e dello spinello libero (e anche qualcosa di più), della fuga dalle responsabilità. E’ lo spot pubblicitario della Esselunga, che ha come protagonista una bimba, uno dei tanti figli con genitori separati. E quale oltraggio compie questo spot, che persino il Corriere della Sera, allineandosi al politicamente corretto dei radical chic sui temi etico/sociali, definisce essere frutto di un “marketing politico inusuale, se non peggio” (chissà perché, forse sono meglio quelli insulsi o biecamente consumistici che girano normalmente sulle nostre tv e sui social)?

La bimba (forse già in età scolare), molto triste per la separazione dei genitori, compie un piccolo gesto (il regalo al padre di una pesca acquistata all’Esselunga) per cercare di riannodare il rapporto fra papà e mamma. E questo irrita, infastidisce. Che i figli patiscano la separazione dei genitori è cosa scontata, basta parlare (e alcuni lo hanno anche scritto in questi gironi a proposito delle polemiche su questo spot) con psicologi dell’età evolutiva, insegnanti e genitori stessi. Ma evidentemente è una verità (come tante altre verità) che dà fastidio, turba i sostenitori, senza se e senza ma, delle cosiddette “famiglie allargate” o “arcobaleno”.

Indubbiamente lo spot è ben fatto, emozionante, in quei 30 secondi o poco più cattura l ‘attenzione dello spettatore che attende di capire le intenzioni di quella bimba triste. Non credo, però, che scopo principale dell’Esselunga sia stato di lanciare alle coppie italiane un monito morale e civile (sì perchè la famiglia in fondo è anche il primo nucleo solidaristico della società, dove si condividono doveri e carichi educativi quando si hanno dei figli). Infatti, intervistato dal Tg1, il direttore marketing dell’Esselunga ha ammesso che la pubblicità voleva emergere dal mare di spot che ci bombardano ogni giorno, far discutere e in questo modo porre sotto i riflettori dell’attenzione pubblica il marchio. Da questo punto di vista il bersaglio è stato centrato in pieno. La dabbenaggine di coloro che si sono stracciati le vesti, di chi si è sentito irritato per la banale verità che la storiella contiene ha portato molta acqua al mulino dell’azienda.

Ma perché criminalizzarlo? Non c’è nessun messaggio di “odio”, parola usata spesso a sproposito dai sostenitori dei più bizzarri “diritti civili” e stili di vita per mettere a tacere chi non condivide le loro posizioni. L’imbarazzo in alcuni ambienti è stato evidente, anche perché il centro-destra, fautore dei valori della famiglia naturale e dell’identità sessuale (la genetica non dovrebbe essere una questione progressista o conservatrice, ma solo scientifica), lo ha lodato, Giorgia Meloni e Matteo Salvini in testa, sapendo che la maggioranza degli italiani non avrebbe capito le critiche. La stessa consapevolezza che deve avere avuto la povera Elly Schlein, il frastornato segretario del Pd, che ha rifiutato di fare commenti dicendo di non avere visto lo spot. Da questo il Corriere della Sera ha preso spunto per bacchettarla: “Che non l’abbia visto è possibile, ma risibile: c’è ovunque, sono 30 secondi, bisogna chiudere gli occhi per non vederlo. Ma Schlein evidentemente ha obbedito a un vecchio riflesso un po’ snob, che ha colto molti di noi: non è giusto, elegante, intelligente dibattere politicamente di uno spot, la politica è altro… Sembra sempre più spesso la cifra di Schlein, questo minimalismo un po’ chic, questa eleganza dei tratti e della parola che porta a lunghi discorsi, non sempre comprensibili. Ma può un segretario di partito lavorare per sottrazione, come fosse un esistenzialista francese?”. O forse la Schlein sa che il Pd è un coacervo di componenti e opinioni diverse (su diritti civili, immigrazione, spinelli liberi, salario minimo, ecc.) e allora non vuole cacciarsi in ulteriori guai?

 

Author: Pier Carlo Sommo

Torinese, Laureato in Giurisprudenza, Master in comunicazione pubblica e Giornalista professionista. Dal 1978 si occupa di comunicazione e informazione nella pubblica amministrazione. Ha iniziato la carriera professionale presso la Confindustria Piemonte. Dopo un periodo presso l'Ufficio Studi e Legislativo della Presidenza della Regione Piemonte nel 1986 è diventato Vice Capo di Gabinetto e Responsabile Relazioni Esterne della Provincia di Torino Dal 1999 al 2020 è stato Direttore delle Relazioni Esterne e Capo Ufficio Stampa dell'ASL Città di Torino. Autore di saggi, articoli e ricerche, ha pubblicato numerosi volumi e opuscoli dedicati alla comunicazione culturale - turistica del territorio. È docente in corsi e seminari sui problemi della comunicazione e informazione presso le società di formazione pubbliche e private . Professore a contratto di Comunicazione Pubblica presso l'Università di Torino e Università Cattolica. embro del Direttivo del Club di Comunicazione d'Impresa dell’Unione Industriale di Torino, dal 2005 al 2008 è stato Vice Presidente. Presidente del Comitato scientifico di OCIP Confindustria Piemonte Membro del Comitato Promotore dell' Associazione PA Social, È stato Segretario Generale Nazionale dell'Associazione Comunicazione Pubblica e Istituzionale dal 2013 al 2020.