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Carola Vai

Si parla tanto di aiutare i #poveri e la gente che muore di #fame.  Eppure con la quantità di #cibo buttato ancora prima che arrivi nel piatto potremmo combattere la malnutrizione. Lo svelò la #Banca mondiale in un dettagliato rapporto realizzato nel 2014. Ma pochi sembrano ricordarlo oggi. Una dimenticanza emersa già durante Expo Milano che al “#cibo sprecato” dedicò tante parole e nemmeno un padiglione per affrontare l’argomento. Il tema al centro della gran parte delle campagne elettorali di tutta #Europa, #Italia compresa, e di molti Paesi di oltre oceano,  sembra in nessun caso riuscire trasformarsi in soluzioni concrete e applicabili.

Ovunque si continua sprecare #cibo in quantità vergognose. Tonnellate di frutta e verdura distrutte perché leggermente imperfette, milioni di chilogrammi di cibo mangiabile buttato nella spazzatura per vari motivi, mentre milioni di persone nel mondo soffrono la fame.   In tanti sostengono che “porre fine alla fame nel mondo non è un sogno, ma qualcosa che tutti insieme possiamo realizzare nell’arco di questa generazione”. Salvo poi concentrare l’attenzione su obiettivi commerciali, sapori, bellezza e persino fama del cibo trascurando del tutto la necessità di ridurne realmente lo sperpero .

La necessità di combattere lo sciupio del cibo sottolineata persino con la legge “SprecoZero”  affrontata dal #Parlamento italiano nel 2015 con l’obiettivo di rendere più conveniente per le aziende donare piuttosto che sprecare, non ha avuto i risultati auspicati nonostante la collaborazione con il #Banco Alimentare e altri enti caritativi.

Il fenomeno dello spreco alimentare resta di crescente rilevanza per le aziende della filiera anche a causa del forte impatto economico, sociale e ambientale che genera. Eppure gli italiani, come più volte ricordato da #Coldiretti, sono i più attenti nel mondo a non sprecare il cibo. La situazione rimane, tuttavia, preoccupante anche se gli italiani buttano nella spazzatura molto meno cibo degli abitanti del resto d’Europa e del Nord America.  Si tratta per lo più di frutta, verdura e cereali, in parte perché più velocemente deperibili, e in parte perché meno costosi ad esempio di #carne e #pesce, per questo i primi acquistati in maggiore quantità e gettati via più a cuor leggero. Tuttavia rispetto ai prodotti agricoli la carne, benché sperperata in quantità minore, rappresenta uno spreco maggiore in termini di risorse naturali. I ricercatori hanno anche scoperto che molti italiani cercano di risparmiare pure fuori dalle mura domestiche, arrivando in molti casi, come usano in America, a portarsi a casa gli avanzi quando escono dal ristorante. Sempre più diffuse inoltre le iniziative per la raccolta dei cibi avanzati da ristoranti, mense, pizzerie, e prodotti vicino alla scadenza offerti da negozi e supermercati, fattorie e mercati degli agricoltori da distribuire ai più bisognosi. Ma come limitare lo sciupio? I suggerimenti vanno dagli acquisti diretti nelle fattorie o nei mercati, in base la filosofia del “chilometro zero” ( sempre più diffusi) alla necessità di introdurre nuove normative legislative volte a semplificare il processo di donazione delle aziende.

Più della metà dello spreco generato dal settore primario fino arrivare alla ristorazione, potrebbe essere recuperato e distribuito tra le persone bisognose, calcolate in oltre 5 milioni in Italia. La gran parte del cibo in eccedenza è recuperabile per l’alimentazione umana, purché in presenza di un quadro normativo semplificato. Da qui la richiesta di una legge idonea ed anche di normative sia nazionali che europee. C’è poi da aggiungere che lo spreco alimentare, basato su una contraddizione morale ed economica non più accettabile, si ribalta sull’ambiente «con costi insostenibili». Per questo occorrono normative nazionali ed anche europee in grado di ridurre drasticamente lo spreco di risorse alimentari nella filiera e rendere più semplice il recupero dell’invenduto con la definizione, ovviamente, di garanzie che assicurino la tutela della salute di chi riceve gli aiuti.

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)