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Dario Gedolaro

Altri sbarchi, altri morti, e come al solito, anche dopo la tragedia di Crotone, altro chiasso strumentale e offensivo per le vittime, altro discredito sulle istituzioni senza considerare i rischi per la temuta del sistema democratico. Un quotidiano “indipendente” che si distingue ormai per fare pura propaganda ha titolato: “Strage di Stato”. Il Domani, il giornale dell’imprenditore Carlo De Benedetti, ha scritto: “Salvini e la sua guardia costiera hanno lasciato morire i migranti”. E via discorrendo.

Purtroppo, l’elezione di Elly Schlein non favorisce a svelenire il clima e ad avere un corretto confronto fra i partiti, anzi sta radicalizzando la dialettica politica. La neo segretaria del Pd, appena eletta, ha detto: “Saremo un bel problema per il governo Meloni”. Altro che opposizione costruttiva e responsabile. Evviva, aspettiamoci altre sparate, altra demagogia, proprio mentre il Paese dimostra disincanto e disaffezione verso le forze politiche e le istituzioni democratiche e non va a votare.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Crotone(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Anche nel caso del naufragio di Crotone  la polemica politica non affronta la domanda fondamentale: “Come fare a evitare simili tragedie?”. Invece si grida al “piove governo ladro”. Non è una novità. I partiti che prima erano sotto accusa, ora pronunciano arringhe “senza fare sconti”. Si fa finta di non ricordare che in questi anni primi ministri e ministri dell’ interno di ogni colore politico hanno dovuto fare i conti con le molte morti di immigrati clandestini che cercavano di sbarcare sulle nostre coste a bordo di carrette del mare.

Qualche esempio. Nella notte di Natale del 1996, in un tragico tentativo di sbarco al largo di Capo Passero, perdono la vita 283 clandestini tra pakistani indiani e cingalesi Tamil. Il governo era di centro sinistra e guidato da Romano Prodi; ministro dell’Interno era Giorgio Napolitano. Il 26 febbraio 2011 scompare nel canale di Sicilia un barcone di circa 45 metri con a bordo forse oltre 200 migranti, e pochi giorni dopo, il 6 aprile, altra sciagura fra Lampedusa e Malta: 250 morti. In carica c’era il quarto governo Berlusconi, con Roberto Maroni ministro dell’Interno. Il 3 aprile 2012 vengono recuperati 70 corpi di migranti morti nel tratto di mare fra Libia e Sicilia. Primo Ministro era Monti, ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. Era un esecutivo di “larghe intese”, con la Lega e Italia dei Valori i soli partiti di opposizione. Ottobre 2013: un peschereccio partito dal porto di Misurata in Libia naufraga a poche miglia dalla Sicilia: 368 persone a bordo muoiono in quella che ancora oggi viene ricordata come ‘la tragedia di Lampedusa’. Primo ministro era Enrico Letta (Pd), ministro dell’Interno Angelino Alfano. All’opposizione M5 Stelle, Lega e Sinistra.

Secondo il Missing Migrants Project dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), nel Mediterraneo dal 2014 al 2022 sono stati registrati più di 26 mila morti e scomparsi (2.406 nel solo 2022). Il fenomeno sbarchi è nuovamente in aumento: dal primo gennaio 2022 al 30 dicembre sono arrivate 104.061 persone, contro le 67.034 del 2021 e le 34mila del 2020.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Crotone (foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Questi i freddi dati dai quali emerge che –  al di là delle doverose indagini per stabilire se, nel caso di Crotone, vi sono delle responsabilità – bisogna evitare i viaggi sulle “carrette”  che originano queste tragedie. Vi sono ricette draconiane, ma, bisogna ammetterlo, efficaci. Sono state fatte dai ministri dell’Interno Marco Minniti (Pd) e Matteo  Salvini (Lega): nella prima parte del 2018 (con Minniti)  i flussi di immigrati sono scesi da più di 60.228 a 13.430: nella seconda parte (con Salvini) da 59.141 a 9.941 (dati Onu). Minniti puntò a far trattenere in Libia (il Paese da cui allora proveniva gran parte delle barche con i clandestini) i migranti, dando soldi ai libici perché costruissero campi di detenzione temporanea; Salvini chiuse i porti e fece guerra alle Ong. E a proposito di queste ultime, pur senza criminalizzarle, è però doveroso leggere l’ultima relazione del Copasir (il Comitato per la sicurezza della repubblica) al Parlamento: “C’è un aumento del soccorso in mare effettuato dalle navi ong, principalmente in area Sar libica”. Queste attività “vengono spesso pubblicizzate sui social network dai facilitatori dell’immigrazione irregolare quale garanzia di maggiore sicurezza del viaggio verso l’Europa”. In questo contesto, la presenza di navi umanitarie rappresenta infatti “un vantaggio logistico per le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico dei migranti, permettendo loro di adeguare il modus operandi in funzione della possibilità di ridurre la qualità delle imbarcazioni utilizzate, aumentando correlativamente i profitti illeciti, ma esponendo a più concreto rischio di naufragio le persone imbarcate”.

A volte le migliori intenzioni sono fonte di problemi e, dunque, non servono a risolverli.

Quindi che fare? Risposta non facile, il problema è complesso e la politica – anziché combattere in salotto presunte battaglie per i diritti civili – dovrebbe proporre ricette efficaci, partendo dalla realtà della situazione.  Innanzi tutto, bisogna prendere atto con realismo che il nostro è un Paese dalle “culle vuote” e che senza migranti non ha futuro. L’inserimento dei cittadini stranieri nella comunità italiana è interesse di tutti perché l’Italia “sta morendo di vecchiaia”, come ha scritto il quotidiano La Repubblica. Il nostro sistema di welfare fra non molti anni andrà a gambe all’aria. Dunque, allargare le maglie dei flussi e gestirli senza stupidi pregiudizi.

Ma non basta. La premier Meloni ha parlato di “un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista”. Una “formula Mattei”, facendo riferimento all’esponente democristiano dell’immediato dopoguerra, che da presidente dell’Eni puntò sulla collaborazione con i paesi africani e del Nord Africa, rompendo un modello di sfruttamento delle ‘7 sorelle’ del petrolio ereditato dal colonialismo. Un progetto che non ha potuto svilupparsi perché Mattei (uomo evidentemente scomodo) morì nel 1962 in un incidente aereo, su cui aleggia il forte sospetto di un attentato.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Crotone (foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Mattei era un esponente della sinistra democristiana, perché ora proprio la sinistra spara contro il progetto del governo Meloni? Forse crede che la soluzione sia imbarcare sulle navi Ong sempre più profughi possibili, ingrassando così la criminalità che vive sulla disperazione di questi poveretti? Non sarebbe giusto fare una politica veramente “terzomondista”, ovviamente cercando garanzie affinchè i capitali affidati ai Paesi africani non finiscano nel gorgo della corruzione? Perché bisogna guardare in faccia la realtà senza ipocrisie: e la realtà è quella sintetizzata dal titolo della rivista italiana Nigrizia, mensile dei missionari comboniani: “Africa, un continente ostaggio della corruzione”. Secondo l’African Development Bank, la corruzione è una piaga che da sola provoca al continente africano una perdita annua di 148 miliardi di dollari. Quindi, anche in questo caso ricette semplicistiche non ve ne sono (non basta dare soldi) e ci vogliono meccanismi efficaci per evitare che gli aiuti finiscano nelle tasche delle classi dirigenti africane, politiche e militari, di vario genere.

Author: Pier Carlo Sommo

Torinese, Laureato in Giurisprudenza, Master in comunicazione pubblica e Giornalista professionista. Dal 1978 si occupa di comunicazione e informazione nella pubblica amministrazione. Ha iniziato la carriera professionale presso la Confindustria Piemonte. Dopo un periodo presso l'Ufficio Studi e Legislativo della Presidenza della Regione Piemonte nel 1986 è diventato Vice Capo di Gabinetto e Responsabile Relazioni Esterne della Provincia di Torino Dal 1999 al 2020 è stato Direttore delle Relazioni Esterne e Capo Ufficio Stampa dell'ASL Città di Torino. Autore di saggi, articoli e ricerche, ha pubblicato numerosi volumi e opuscoli dedicati alla comunicazione culturale - turistica del territorio. È docente in corsi e seminari sui problemi della comunicazione e informazione presso le società di formazione pubbliche e private . Professore a contratto di Comunicazione Pubblica presso l'Università di Torino e Università Cattolica. embro del Direttivo del Club di Comunicazione d'Impresa dell’Unione Industriale di Torino, dal 2005 al 2008 è stato Vice Presidente. Presidente del Comitato scientifico di OCIP Confindustria Piemonte Membro del Comitato Promotore dell' Associazione PA Social, È stato Segretario Generale Nazionale dell'Associazione Comunicazione Pubblica e Istituzionale dal 2013 al 2020.