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Dario Gedolaro

“Armata brancaleone”, “Subgoverno dei peggiori”. La lista dei 39 sottosegretari e viceministri del governo Draghi non ha fatto in tempo ad uscire che ha suscitato perplessità e battute ironiche. Simili a quelle dopo la diffusione della lista dei ministri “politici”.  Pur facendo la doverosa tara, visto che in Italia si fa polemica su tutto e su tutti, non si può proprio dire che ci si possa entusiasmare. Si è utilizzato a piene mani il famoso “manuale Cencelli”, dando ai partiti praticamente mano libera nell’ indicare i nomi. Per il Piemonte e per Torino, poi, se non è una nuova Caporetto poco ci manca. Sparuta la presenza numerica: un ministro di scarso peso – Fabiana Dadone, alle Politiche giovanili – e solo due sottosegretari, un esponente un po’ stagionato di Forza Italia, il viceministro allo Sviluppo Economico Gilberto Pichetto Fratin , e una giovane sprovveduta “leonessa” del Movimento 5 Stelle, la viceministra all’ Economia Laura Castelli.

UNA RAPPRESENTANZA TRA IL MODESTO E IL RIDICOLO

Draghi e i ministri del suo governo

Dadone e Castelli, entrambe al secondo mandato governativo, raccolgono i frutti di essere state 5 Stelle della primissima ora, ai tempi del fascismo si sarebbe detto che erano degli “ante marcia”, cioè seguaci di Mussolini prima della Marcia su Roma e, in questo caso, già in prima fila negli educatissimi  “Vaffa day” di Grillo. Ma i loro curriculum sono debolucci. Della Dadone, cuneese, si apprende che ha più volte provato l’esame di abilitazione alla pratica forense senza successo, che è una convinta NO Tav e appassionata di musica metal; la Castelli, torinese, ha una laurea triennale in economia aziendale, è stata addetta alla sicurezza dell’ ex stadio Comunale, ha lavorato nel Caf dei genitori ed è stata portaborse in Consiglio regionale. Stop.

Sicuramente meglio il curriculum di Pichetto, biellese, commercialista e con una lunga esperienza politica sia a livello regionale (è stato assessore in Regione Piemonte e candidato, sconfitto, alla presidenza) che nazionale. Ma non si può dire che si tratti di personaggio di primo piano della politica italiana. Una volta si diceva “un onorevole di provincia”, quelli su cui il leader della sinistra DC , Carlo Donat Cattin, ironizzava con  la battuta in spagnolo maccheronico: “Asfaltar non es gubernar”, cioè la politica non è solo darsi da fare per accontentare con qualche opera pubblica gli amministratori della propria zona elettorale.

Insomma, siamo alle seconde o terze file. La non lunga carriera politica della Castelli è costellata, poi, di gaffe clamorose. La principale nel famoso siparietto con il ministro e docente universitario Pier Carlo Padoan. Siamo nel novembre del 2018, alla trasmissione tv “Porta a Porta”. Padoan è ministro dell’ Economia nel governo Gentiloni, lo era già stato nel precedente governo Renzi; nel suo curriculum, a parte la brillante carriera universitaria, gli incarichi di Direttore esecutivo per l’Italia del Fondo Monetario Internazionale, di vice segretario generale e di capo economista dell’ Ocse. In tv Padoan ricorda come l’aumento dello spread provochi “conseguenze sui finanziamenti a famiglie e imprese”. Un affermazione che appare scontata, ma non alla sua interlocutrice, che, forte della sua vasta cultura economica, ribatte: “Non racconti che il tasso dei mutui dei cittadini dipende dallo spread, lo sa anche lei che è falso”. A questo punto Padoan non nasconde un moto di perplessità e aggiunge, come se parlasse a una sua allieva non molto preparata: “Le spiego una cosa, se aumenta lo spread diminuisce il valore capitale degli attivi delle banche e quindi le banche si devono rifare alzando il costo del finanziamento”. La risposta della Castelli lo ammutolisce e gli fa assumere un’ espressione che è rimasta iconica: “Questo lo dice lei!”. E’ l’uno-vale-uno finanziario, il trionfo dell’opinione sui fatti.

Castelli più recentemente ha lasciato nuovamente tutti di stucco durante una trasmissione del Tg2. Si parlava delle categorie costrette all’ inattività per il primo lockdown e se ne è uscita con questa perla di saggezza: “I ristoratori non hanno più clienti? Aiutiamoli a cambiare attività”.

L’ex ministro Elsa Fornero con il campione olimpico Livio Berruti .

LA CRISI HA INNESCATO IL DISIMPEGNO DALLA COSA PUBBLICA

Mi fermo qui. E’ evidente che il problema di fondo è la scarsa considerazione che trova a livello nazionale la classe politica e dirigente piemontese, ma soprattutto torinese, dall’epoca dei primi governi Berlusconi in poi. Ci fu un “rimbalzo” solo col governo Monti, quando tre importati ministeri furono affidati all’ allora rettore del Politecnico di Torino, Francesco Profumo (Istruzione, Università e Ricerca), alla docente universitaria torinese, Elsa Fornero (Lavoro e Welfare) e al giurista e accademico alessandrino, Renato Balduzzi (Salute).

Certo ci sono state epoche ben diverse, quando il Piemonte esprimeva segretari nazionali di partito e importanti ministri, quando l’ Italia guardava a Torino ritenuta un laboratorio politico, sociale ed economico d’ avanguardia. E’ “la crisi bellezza”, si potrebbe ribattere parafrasando un famoso film americano, una crisi che ha tramortito il capoluogo regionale. Una crisi che si è riflessa sulla rappresentanza politica, che ha toccato il fondo con la elezione a sindaco di una città complessa e in un momento difficilissimo di una ragazza inesperta. E non si tratta solo di lauree o carriere accademiche, come dimostra il caso dell’ ex ministro Lucia Azzolina (piemontese d’ adozione), bilaureata che di gaffe ne ha compiute parecchie e che neanche il “manuale Cencelli” del governo Draghi ha salvato dal giubilamento. Si tratta di un arroccamento nel “privato” delle migliori energie cittadine, di disimpegno politico e sociale. D’altronde, non a caso due rettori del Politecnico di Torino (la più prestigiosa istituzione pubblica presente in città) hanno rifiutato, ieri ed oggi, la candidatura a sindaco (Profumo e Saracco).

IL DISASTRO APPENDINO

Torino, Palazzo di Citta

Con quali conseguenze si è visto nel primo quadriennio di governo di Chiara Appendino (ora la sindaca se ne sta defilata e cerca di terminare nel modo meno disonorevole possibile il suo mandato), quando – unico caso in Italia – decine di migliaia di persone sono scese in piazza più volte per contestarla. Se nell’epoca Valentino Castellani almeno dal punto di vista urbanistico la città ha cercato di cambiare volto con programmi di grande respiro (le “Spine”, il risanamento del centro storico, la metropolitana), oggi appare anche da questo punto di vista alla deriva. Servizi giornalistici paragonano le nostre periferie alla “suburra” romana, dove il degrado e la microcriminalità la fanno da padroni. Non a caso possiamo vantare un altro primato: il saccheggio dei negozi del centro cittadino ad opera di teppisti venuti dalle periferie, cosa che non era più accaduta in Italia dall’ immediato dopoguerra. D’ altronde, gli indici economici (disoccupazione, richieste di reddito di cittadinanza, ecc.) sono lì a fotografare una città che sta scivolando in “Serie B” .

Non tutto è perduto per carità, ci sono energie forti e positive, molte imprese hanno tenuto duro, ci sono alcune eccellenze (Reply, Lavazza, Reale Mutua), tanto per fare qualche nome), ma manca la capacità di contare a livello nazionale. Sono cose che alla fine si pagano. Un solo esempio: un comitato di associazioni imprenditoriali e professionali, stimolato dalle famose “madamine”, aveva chiesto alla sindaca (che non ci aveva minimamente pensato) di candidare la città a sede del Tribunale Europeo dei Brevetti (Tub), istituzione per cui si era già messa in corsa l’ onnivora Milano. C’erano buoni motivi  (fra l’ altro, i due più importanti studi legali di brevettazione d’Italia sono a Torino)  e in particolare uno su tutti: Torino era stata riconosciuta dal governo “area complessa di crisi”,  con necessità di investimenti, e la scelta di allocazione di sedi di istituzioni pubbliche non dipende solo da rivendicazioni di “primogenitura” o di “primati”, ma è di carattere politico e deve prendere in considerazione anche il criterio redistributivo e di equità territoriale. E poi c’era quel punto di forza: il sindaco apparteneva alla stessa forza politica che esprimeva il Primo ministro (Conte) e il ministro degli Esteri (Di Maio). Naturalmente come sede del Tub è stata designata Milano…

Vedi anche:

 http://www.viavaiblog.it/draghi-idee-chiare-ora-i-fatti/

 http://www.viavaiblog.it/torino-lingotto-e-palazzo-del-lavoro-due-storie-del-declino/

http://www.viavaiblog.it/governo-draghi-facce-un-po-meno-nuove-del-previsto/

http://www.viavaiblog.it/covid-19-incarico-a-draghi-il-bello-viene-ora/

 

Author: Pier Carlo Sommo

Torinese, Laureato in Giurisprudenza, Master in comunicazione pubblica e Giornalista professionista. Dal 1978 si occupa di comunicazione e informazione nella pubblica amministrazione. Ha iniziato la carriera professionale presso la Confindustria Piemonte. Dopo un periodo presso l'Ufficio Studi e Legislativo della Presidenza della Regione Piemonte nel 1986 è diventato Vice Capo di Gabinetto e Responsabile Relazioni Esterne della Provincia di Torino Dal 1999 al 2020 è stato Direttore delle Relazioni Esterne e Capo Ufficio Stampa dell'ASL Città di Torino. Autore di saggi, articoli e ricerche, ha pubblicato numerosi volumi e opuscoli dedicati alla comunicazione culturale - turistica del territorio. È docente in corsi e seminari sui problemi della comunicazione e informazione presso le società di formazione pubbliche e private . Professore a contratto di Comunicazione Pubblica presso l'Università di Torino e Università Cattolica. embro del Direttivo del Club di Comunicazione d'Impresa dell’Unione Industriale di Torino, dal 2005 al 2008 è stato Vice Presidente. Presidente del Comitato scientifico di OCIP Confindustria Piemonte Membro del Comitato Promotore dell' Associazione PA Social, È stato Segretario Generale Nazionale dell'Associazione Comunicazione Pubblica e Istituzionale dal 2013 al 2020.