Search

Carola Vai

Grandi preparativi all’Isef di #Torino in onore del proprio presidente onorario: Livio #Berruti. La medaglia d’oro dei 200 metri delle #Olimpiadi di Roma 1960 compie 80 anni, il 19 maggio. Un traguardo anagrafico importante anche per colui che ha fatto sognare l’Italia con due record del mondo nello stesso giorno e sconfiggendo i velocisti americani che dominavano la specialità dal 1932. Il ragazzo piemontese con gli occhiali da sole che correva più veloce di tutti, se con gli anni ha perso lo scatto fisico,  ha però conservato la curiosità della gioventù . E ammette: “per me è una continua sorpresa ricevere complimenti dal pubblico per una vittoria cara al mio cuore, ma lontana anni”.

Livio Berruti mentre conquista la vittoria alle Olimpiadi di Roma 1960.

Infatti, seduti al tavolo di un tranquillo circolo sportivo in ore di scarsa frequenza, l’intervista è spesso interrotta da persone che si avvicinano  per stringere la mano al mito entrato nella storia mondiale dello sport, colui che pur avendo ricevuto complimenti e onorificenze milioni di volte da donne e uomini di ogni età, ringrazia con gentilezza ed un sorriso come fosse la prima volta. “Nell’immediato non ho percepito la grandezza sentimentale della mia vittoria olimpica.  La mia timidezza era tale da farmi sentire quasi a disagio ad ogni applauso. Del resto non era lo sport il centro della mia vita, bensì lo studio. Aver raggiunto un traguardo olimpico con una certa facilità, senza grande fatica fisica,  mi faceva accogliere gli applausi con stupore, come se tanto clamore nei miei confronti non fosse meritato”.

Eppure giornali, televisioni, radio, poi libri ed enciclopedie definiscono Livio Berruti “ una gloria del firmamento sportivo italiano, l’immagine  di un’Italia felice e fiduciosa nel futuro”.

Livio Berruti con la medaglia d’oro al collo sul podio delle Olimpiadi di Roma 1960

“Definizione che mi onora. Anch’io in quegli anni ero felice. Nato nel vercellese, a Stroppiana, figlio unico di genitori che rispettavano le mie scelte e i miei desideri, amavo il tennis e sognavo grandi risultati in quella disciplina.  Dopo le scuole medie scelsi di fare il liceo classico, al Cavour di Torino. Studiavo e imparavo con facilità, ma senza presunzione.  Immaginavo di diventare un chimico e magari di conquistare premi importanti a livello scientifico.  Iniziai a correre quasi per caso, spinto dalla convinzione che se avessi vinto avrei avuto maggiori opportunità di dedicarmi al tennis perché mi avrebbero consentito di  giocare gratuitamente su molti campi. Fu la mia fortuna.  Poiché la vittoria è la migliore droga,  io che cominciai subito a vincere, fui presto invogliato a correre. A quei tempi avevo un’esuberanza energetica. Arrivai alle #Olimpiadi con grande curiosità. Volevo misurare le mie forze, capire se sarei riuscito a battere gli americani. Tutta la mia vita è stata fortemente animata dalla curiosità. A cominciare dalla curiosità verso me stesso, per scoprire fin dove ero in grado di arrivare. Mai sottovalutare la curiosità. Perderla significa lasciarsi sconfiggere dalla vecchiaia”.

Come dire che la curiosità contribuisce a raggiungere più risultati che usando impegno e volontà?

Livio Berruti nel 1961, mentre studia davanti alla statua di Socrate durante il servizio militare.

Il massimo sarebbe essere spinti da curiosità, impegno e volontà.  Di certo essere curiosi aiuta realizzare qualsiasi conquista: nello sport, nello studio, nella vita in generale, persino con le donne. Dopo la vittoria olimpica, ogni volta che partecipavo a gare in giro per il mondo ritagliavo del tempo per visitare città e musei. Non sempre ottenevo grandi risultati sportivi perché dedicavo molto  tempo a scoprire i luoghi dove ci trovavamo.

Cosa si prova ad essere campioni del mondo?

Non ho realizzato subito il significato di quanto raggiunto.  In certi momenti il clamore della folla, la folla stessa, fanno quasi paura. Quando si comprende di essere un personaggio pubblico, si capisce di aver perso la libertà dell’anonimato e di essere diventati ostaggio degli altri, un punto di riferimento che obbliga quasi a  recitare un ruolo. Ti senti sempre sotto gli occhi della gente. Da una parte fa piacere perché ti si aprono tutte le porte: dalle più povere alle più ricche, dalle più modeste a quelle con maggiore potere.

Livio Berruti e Carola Vai durante l’intervista.

Dall’altra si perde la libertà di poter agire e muoversi secondo i propri desideri. Negli #anniSessanta non c’era l’accanimento giornalistico di oggi. La vita privata era un patrimonio dell’individuo, c’era quasi una certa solidarietà tra il campione e il giornalista che spesso addirittura ti aiutava. L’insistenza dell’informazione, oggi,  complica tutto, per cui fatalmente diventa difficile mantenere una certa indipendenza. Come disse il mio amico Alberto #Bolaffi : il successo non ti appartiene”.

Per quale ragione?

Perché è dato da vari fattori: i geni di papà e mamma; nascere nel posto giusto in un momento giusto; possedere la voglia di emergere, di affermarsi. Io ho sempre scommesso con me stesso. La gara più importante è con se stessi, vincere le proprie paure;  vedere se corri bene anche se perdi, piuttosto che vincere correndo male.

Frequentare l’università da star mondiale aiuta?

Livio Berruti e la cantante Rita Pavone in una scherzosa immagine durante i Giochi di Messico1968.

Personalmente  mi ha addirittura penalizzato. Mi sono laureato in chimica pura con un biennio a Padova e un triennio a Torino. All’università  di Torino i professori erano talmente prudenti e preoccupati di non essere accusati di favoritismi che mi hanno praticamente penalizzato.

Una laurea utilizzata nella vita?

No, mai. Cominciai con un’esperienza nella pubblicità, prima in un’agenzia, poi con Ermenegildo Zegna dove scoprii il mondo della moda. Un lavoro molto bello. All’epoca abitavo a Torino, avevo una casa a Stroppiana, un ufficio nel biellese e uno a Milano. Dopo tre

Berruti con la torcia olimpica alle Olimpiadi invernali Torino 2006.

anni, nel 1973, decisi di cambiare. Entrai in #Fiat, settore ufficio stampa, immagine, promozione a quei tempi conglobati insieme. Rimasi 25 anni.  Posso dire che non sono vissuto per lo sport, ma lo sport mi ha consentito di farmi una cultura sociale e turistica. Negli anni Sessanta agli sportivi, compresi i campioni, venivano pagate le spese, non l’ingaggio che era proibito. Contrariamente quanto capita oggi. La vittoria olimpica mi ha permesso di vivere bene, non di arricchirmi. Ho viaggiato molto. Tra i Paesi che più mi hanno incuriosito ci sono l’India per gli enormi contrasti tra povertà e ricchezza; il Nepal, il Perù. Gli Stati Uniti sono un Paese con due facce opposte e assolutamente diverse:  quella delle metropoli e quella delle periferie che la mia curiosità ha voluto scoprire un poco. Ho visto tantissimi altri Paesi. In tutti ho trovato paesaggi, persone, situazioni interessanti.

Che dire della vita personale?

Berruti con Margherita Hack,Trieste, 1998.

Anche se oggi l’artrosi mi tormenta, non è un gran problema. Ho avuto ed ho una vita gradevole. Ho conosciuto campioni e campionesse,  artisti, politici, persone  di varia umanità. Ricordo bene i  Premi #Nobel Carlo #Rubia e Rita #Levi-Montalcini. Ma anche Margherita Hack.  Nel 1998 ho sposato Silvia, avvocato di professione. In precedenza consideravo il matrimonio un impedimento alla mia libertà operativa, così ho vissuto in modo anticonformista. Nella vita si cambia.  Io continuo coltivare la mia curiosità.  Se potessi rinascere, rifarei tutto quanto. Sono stato molto fortunato.

 

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)