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Maria Luisa Nitti

(Prima parte) – Lo studio della preistoria ebbe inizio solo nell’Ottocento, con le norme e i pregiudizi dell’epoca. Il ruolo della donna nella società di allora fu erroneamente “retroproiettato”, quasi identicamente, sulle società le più antiche, tanto da far pensare che nella preistoria le donne passavano il loro tempo a spazzare la grotta, cucinare ecc… Nella costruzione di tali discorsi ci possiamo domandare quale è stato l’effetto di questi pregiudizi sul tema ora chiamato “genere”?  Ossia come sarebbe stata la storia preistorica che raccontiamo oggi se i preistorici fossero state donne?

Maria Luisa Nitti

Perché la storia delle donne è rimasta così a lungo invisibile? Nel XIX secolo, quando iniziarono la paleoantropologia e l’etnografia, l’ideologia patriarcale dominava in un ambiente composto soprattutto da studiosi uomini. Questa ideologia sulla dominazione maschile, di quel tempo ma ancora attuale, dà un senso lineare alla storia, che passerebbe da una preistoria oscura e primitiva ad un presente più civilizzato. A quando risale questa continua guerra condotta dagli uomini contro le donne? Questa coercizione è un fatto della natura, della cultura o di entrambi?

Le nuove scoperte dimostrano che il ridurre il ruolo delle donne solo ad un ambito domestico e al loro essere madri è un vero pregiudizio. In epoca antica, anch’esse raccoglievano il cibo, andavano a caccia di grandi mammiferi, realizzavano strumenti e ornamenti, costruivano le loro abitazioni, disegnavano nelle grotte ed esploravano forme di espressione simbolica.  Non esistono dati archeologici che dimostrino che nelle società più antiche certe attività fossero loro vietate, che fossero considerate inferiori e subordinate agli uomini. Secondo il paleoantropologo francese Pascal Picq, docente al Collège de France, in quell’epoca non esisteva una coercizione degli uomini verso il sesso femminile, e questo si può ancora essere osservato nelle poche tribù che vivono oggi di caccia e di raccolto.

Pascal Picq

Nel suo libro Et l’évolution créa la femme (Editore Odile Jacob), Pascal Picq -che è uno specialista dell’evoluzione dell’uomo rispetto alle grandi scimmie, alle comunità e alle società – si domanda se la dominazione maschile risalga davvero al passato. E si chiede anche se oggi la società, nel considerare il rapporto tra uomo e donna, sia più arcaica che nell’epoca preistorica.

Egli propone un nuovo approccio, aprendo nuove prospettive sui dati in nostro possesso sulla situazione delle donne e sui modelli di coercizione in epoca preistorica. Più che fornire risposte, si pone delle domande e propone ipotesi su un argomento ancora in costruzione.

Più interessante è il passaggio dallo stato di nomade, cacciatore e raccoglitore alla vita sedentaria con la nascita dell’agricoltura. In quel periodo non c’è coercizione del maschio sulla donna.  Con la coltivazione della terra, il cibo diventa meno carente rendendo il quotidiano dell’essere umano più facile e si allunga la vita ( stimata allora a 38 anni, erano adulti a 15 anni).  L’uomo capisce meglio i rapporti tra sessualità e paternità. I problemi della consanguineità nelle prole venne presto capito e questo obbligò l’uomo a cercare una compagna fuori dal gruppo. Perciò la donna, ormai fuori dal suo gruppo, non ebbe più le protezioni dei suoi cari e si trovò nell’obbligazione di accettare la legge del gruppo del suo compagno. Con la vita sedentaria nasce la proprietà. L’uomo ne viene il proprietario e vuol lasciare i suoi possedimenti ai propri figli perciò l’importanza della fedeltà e della verginità  della compagna. Lentamente la donna diventa sempre più succube socialmente e economicamente dall’uomo. Il suo lavoro viene occultato e spesso considerato come una funzione naturale della  donna.

I gruppi sanno che la loro sopravvivenza è legata al rinnovamento e alla loro grandezza numerica, per cui si spiega l’importanza delle donne. Quando vi è una guerra fra tribù, i vincenti uccidono i nemici ma tengono quasi sempre le loro donne. La donna viene rispettata in quanto chiave della sopravvivenza della specie. C’è inoltre da considerare che la mortalità femminile dovuta al parto essendo elevata (la vita media delle donne più bassa di quella maschile), le donne sono preziose. Quando invece il livello della popolazione oltrepassa il punto critico per la sopravvivenza della specie, la donna diventa intercambiabile e perciò meno interessante. Gli uomini capiscono rapidamente che la forza delle donne, ossia la maternità, può essere anche la loro debolezza. Per mantenere il loro potere – e questo si riscontra in tutte le aeree geografiche e in tutte le culture – gli uomini stabiliscono leggi sociali e religiose sempre più ferree e restrittive nei loro riguardi.

Nel frattempo la donna perde la sua autonomia economica e sociale e diventa sempre più succube delle regole fissate dall’uomo. Con l’affermarsi delle società patriarcali, il suo ruolo diventa minore e tende a passare dall’autorità del padre a quella del marito. Le donne fanno grandi passi avanti unicamente durante le rivoluzioni, nelle quali sono sempre molto attive, ma al ritorno dell’ordine stabilito, il loro ruolo viene nuovamente sminuito.

XVIII secolo

Studentesse di Medicina – USA 1896

Per secoli l’istruzione femminile è considerata inutile e addirittura pericolosa. Solo alla fine del XVII e all’inizio del XVIII secolo, l’alfabetizzazione femminile comincia a crescere, soprattutto nelle città. Questo fenomeno si manifesta in genere nei ceti alti e nell’Europa nord-occidentale. Nell’illuministico Settecento, si rileva la centralità del ruolo dell’istruzione nel dibattito pubblico, ma ancora una volta il problema educativo riguarda soprattutto i maschi. Alcuni intellettuali dell’epoca cominciano a sostenere che le donne debbano almeno saper leggere e scrivere, per essere in grado di ‘conversare’ quando frequentano i salotti, ed infine vengono loro aperte alcune Accademie. E’ un fenomeno che interessa solo i ceti sociali più elevati, di alcune realtà europee, e che trova forti opposizioni.

Fino a pochi anni fa l’istruzione femminile era inutile e pericolosa . Solo alla fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo cresce l’alfabetizzazione femminile soprattutto nelle città. Questo fenomeno si manifesta in genere nei ceti alti e nell’Europa nord-occidentale. Nell’illuministico 700, si rileva la centralità del ruolo dell’istruzione nel dibattito pubblico ma ancora una volta il problema educativo riguardava soprattutto i maschi. Una breve analisi delle nuove costituzioni dimostra che le donne non erano prese in considerazione. Dopo l’Indipendenza americana nel 1776, la Costituzione degli Stati Uniti d’America nel 1787, la carta dei diritti non comprende le donne.

In Francia nel 1789 la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, il documento Uomini/ cittadini, non prende in conto le donne.  La Costituzione del 1791 vuole un’Istruzione pubblica e gratuita, ma non per le donne.

(Segue)

 

 

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)