Search

Paola Claudia Scioli

Bastano ventiquattro ore per innamorarsi di Todi, città d’arte dalle origini etrusco-romane, costruita sulla cima di un colle lussureggiante che si affaccia sul parco fluviale del Tevere, nel cuore dell’Umbria, tra Perugia e Orvieto. Un giro lungo la circonvallazione esterna permette di ammirare le sue forme dal basso. Una passeggiata nel centro storico fa respirare l’aria di un grande museo a cielo aperto dove arte, cultura, storia e natura si fondono come per magia. Uno sguardo alla pianta “L’antichissima città di Todi”, realizzata da M. Valentini nel 1625 e incisa da Giacomo Lauro, che si trova esposta nel museo cittadino aiuta.

Todi, piazza del Popolo tre palazzi

E non è un caso che a Todi siano stati girati diversi film: da “Giulietta e Romanoff” di Peter Ustinov nel 1961 con Akim Tamiroff, Sandra Dee, John Gavin a “Welcome home” di George Ratliff nel 2019, con Riccardo Scamarcio, Aaron Paul e la bellissima Emily Ratajkowski. In generale, è consigliabile lasciare il proprio mezzo presso il parcheggio di Porta Orvietana in via Montesanto, dove si trova anche un’area attrezzata per i camper. Da qui raggiungere il centro storico è facile e veloce, grazie a uno speciale ascensore che porta in piazza Oberdan.

Uno sguardo al panorama e via a piedi tra viuzze, piazze, giardini, palazzi medievali, chiese, tratti di mura antiche e ripide scalinate. Una cosa è certa: la città deve essere sempre stata ben protetta dagli attacchi nemici, visto che ha addirittura tre cerchie di mura (etrusca, romana e medievale), testimoni dell’espansione progressiva dell’abitato. Lungo le mura, di cui si sono perduti nei secoli ampi tratti oltre che le torri di epoca medievale (l’unica rimasta in piedi è quella vicino alla chiesa della Consolazione), si aprono ancora oggi le numerose porte di accesso alla città. La porta più antica è Porta Marzia a ridosso di Piazza del Mercato Vecchio, praticamente in centro. Sul secondo cerchio di mura si trovano Porta della Catena (tra via Roma e via Matteotti), Porta Aurea (da cui parte Borgo Fratta che arriva alla omonima porta medievale). Sul giro più esterno si trovano Porta Perugina, Porta Romana, Porta Fratta o Amerina e Porta Orvietana (ormai quasi completamente franata), nomi chiaramente collegati alle principali vie di uscita dalla città. Di età medievale è anche Porta Libera, situata nei pressi del Parco della Rocca, dove si trova appunto la Rocca alta oltre 400 metri, fatta costruire nel 1373 da Papa Gregorio XI.

Todi, vista panoramica

Salendo fino in cima si gode uno dei tanti panorami spettacolari. Da qui attraversando i giardini si arriva a piazza Umberto I dove si trova l’immancabile monumento a Jacopone da Todi del 1930 (il monumento funebre è nella cripta della chiesa di San Fortunato, dove si trova anche un reliquario con la sua mascella). Di fronte parte una scenografica, ma faticosa, scala che porta alla chiesa che nel 1088 fu consacrata al patrono della città, San Fortunato. L’edificio, in stile gotico, è stato iniziato alla fine del XII secolo e finito nel 1465. La pianta centrale sormontata da una bellissima cupola, realizzata su disegno di Bramante, è particolare, così come la facciata, incompiuta nella parte superiore. All’interno è interessante il frammento dell’affresco Madonna con Bambino e angeli, eseguito nel 1432 da Masolino da Panicale (quarta cappella a destra). Dalla sagrestia i più coraggiosi (sono altri 153 scalini) possono salire sul campanile, dalla cui sommità si gode di un altro bellissimo panorama sulla città e sulla Media Valle del Tevere. Annesso alla chiesa, si trova l’ex convento francescano del XIII-XV sec. (ora sede del Liceo classico Jacopone da Todi), dedicato sempre a San Fortunato, nei cui sotterranei la tradizione vuole sia stato tenuto prigioniero dal 1298 al 1303 Jacopone, condannato da Bonifacio VIII per aver sostenuto i Colonna. E poco lontano da qui, in piazza San Martino I, si trova anche il palazzo che sembra essere stato la casa natale del poeta trecentesco. Il percorso lungo via San Fortunato in direzione di piazza del Mercato Vecchio è particolarmente interessante, perché passa sotto la porta più antica di Todi (Porta Marzia) e arriva ai cosiddetti Nicchioni romani, costruiti tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio di quella imperiale con grandi blocchi di travertino, probabilmente resti del tempio di Marte o semplici opere di sostegno per la parete collinare in forte pendio. Sempre di epoca romana, sono le due grandi cisterne ben conservate e visitabili, lunghe ognuna più di 80 metri, sotto piazza del Popolo, che reggevano la pavimentazione del Foro romano, ampliato nella seconda metà del I sec. a.C., quando Todi divenne una colonia romana col nome di Iulia Fida Colonia Tuder.

Todi, Cattedrale dell’Annunziata

Le due strutture facevano parte di un articolato sistema di cunicoli e gallerie sotterranee per oltre 5 km con più di 30 cisterne di epoca etrusco-romana e medievale.  Queste, oltre a costituire un’enorme riserva idrica, avevano la funzione di sostruzione, drenaggio e contenimento delle acque, che da sempre hanno creato problemi di stabilità al colle. Piazza del Popolo, che insiste sul precedente Foro romano, è il vero e proprio cuore pulsante della città. Su di essa si affacciano gli edifici principali: il Palazzo del Popolo, il Palazzo del Capitano, il Palazzo dei Priori e la Cattedrale dell’Annunziata. Il Palazzo del Popolo o Palazzo Vecchio, costruito in stile gotico-lombardo nel 1213, è uno degli edifici comunali più antichi d’Italia. Una sala lo unisce al Palazzo del capitano o Palazzo Nuovo, realizzato nel 1293. Al quarto piano di entrambi gli edifici è stato allestito il Museo Civico di Todi, che, con le sue raccolte, racconta la lunga storia della città tudertina. Sui due lati corti della piazza si trovano il Palazzo dei Priori, ora sede della Prefettura, con un’imponente torre trapezoidale, edificato tra il 1334 e il 1347 e restaurato agli inizi del Cinquecento, e di fronte la concattedrale della Santissima Annunziata, il monumento religioso più importante di Todi, costruita nel XII sec. in stile romanico-lombardo con pianta a croce latina sui resti di un edificio romano preesistente, forse un tempio dedicato ad Apollo. Ed in effetti, la scalinata monumentale che porta alla facciata, caratterizzata da un raffinato rosone centrale cinquecentesco, ricorda molto la struttura dei templi romani.

Todi, Tempio di San Fortunato

Poco lontano dal Duomo si raggiunge il Monastero di San Giovanni Battista, meglio noto come Monastero delle Lucrezie, in onore di Lucrezia della Genga, la nobile anconetana che lo abitò, tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, insieme ad altre dodici consorelle dell’Ordine Terziario Femminile. Nelle sue sale ospita il Museo Lapidario della città di Todi e dal chiostro è possibile godere uno dei più suggestivi scorci panoramici sul convento di Montesanto e sulla Media Valle del Tevere. Qui per altro si trova il famoso nido dell’aquila (non ha nulla a che vedere con l’altro famoso Nido dell’aquila!), che secondo un’antica leggenda, indicò in questo luogo il punto in cui costruire Todi. Continuando per via delle Mura etrusche per tornare al punto di partenza, si incontra anche un grande contenitore per la neve e il ghiaccio, la cosiddetta Niviera, antesignana della nostra ghiacciaia.

Ma Todi sa essere anche una città assolutamente moderna, luogo di sperimentazioni di arte contemporanea. Prima di riprendere l’ascensore per tornare al parcheggio, vale la pena di fermarsi nel rilassante Parco di Berverly Pepper, all’interno del parco della Rocca, inaugurato nel settembre 2019, per ammirare le 16 sculture d’arte contemporanea che l’artista statunitense ha donato alla città tuderte insieme alle “lunette”, panchine-scultura realizzate dall’artista in pietra serena, una pietra locale proveniente dalle cave del lago Trasimeno ampiamente usata da artisti quali Brunelleschi, Michelangelo e Donatello.

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)