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Carola Vai

 (#Italiaunicaqui) – Giganteschi, enigmatici, bellissimi. Così si presentano i due Bronzi di Riace esposti in tutta la loro solennità su altrettante piattaforme antisismiche in marmo di Carrara in una enorme sala tutta bianca, con pavimento grigio, al pianterreno del Museo Nazionale Archeologico di Reggio, diretto da Carmelo Malacrino. L’edificio ideato dall’architetto Marcello Piacentini è visibile dal mare con l’entrata principale affacciata su corso Garibaldi. Per impedire di contaminare le due preziose statue da elementi nocivi, le persone prima di accedere nello “speciale caveau” vengono tutte sottoposte per qualche secondo, e a piccoli gruppi, ad una sorta di decontaminazione in atmosfera filtrata, in una piccola camera antecedente alla sala. Del resto, a mezzo secolo dal loro ritrovamento in fondo al mare, il problema principale dei due capolavori resta la loro salvaguardia.

Carola Vai e il Bronzo A

Gli esperti che da cinquant’anni li stanno osservando, analizzando e studiando in ogni dettaglio su un punto concordano: le due misteriose opere sono fragilissime, benché gigantesche. Così la commissione incaricata dal Ministero ha da tempo decretato la loro inamovibilità. Senza eccezioni. Inutilmente eventi mondiali come Expo Milano o musei di importanza internazionale hanno provato ad ottenere per un certo periodo la presenza dei Bronzi. Per vederli da vicino occorre raggiungere la Calabria ed entrare nel Museo che ospita anche una vasta collezione di reperti archeologici dall’età preistorica ai resti delle colonie della Magna Grecia fino alle raccolte di oggetti dell’arte e della storia medioevale e moderna. Del resto i Bronzi di Riace hanno vissuto due sole esposizioni pubbliche lontano dalla Calabria. La prima avvenne poco dopo essere stati salvati dal mare quando dopo una breve permanenza a Reggio vennero trasferiti a Firenze, sede delle migliori attrezzature per il restauro dei lavori d’arte rimasti sepolti per molti millenni. Rimesse in ottime condizioni le due opere vissero la prima esposizione pubblica proprio a Firenze, nel 1981. Il secondo incontro espositivo le due statue lo affrontarono per un breve periodo a Roma voluto dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini al Quirinale mentre erano in viaggio per ritornare per sempre a Reggio.

I due Bronzi benché conosciuti in tutto il mondo, studiati, esplorati, chiacchierati da cinquant’anni, restano comunque misteriosi, talmente misteriosi da essere ancora senza nome. Infatti sono classificati con le lettere “A”, quello più alto ed appariscente, e “B” quello meno giovane dall’aspetto più autorevole. Di loro si sa quello che si vede.

La sala dei Bronzi

Stefano Mariottini, il sub, chimico romano, che il 16 agosto 1972 li scoprì, durante un’escursione sottomarina, immersi nella sabbia sul fondale di Porto Forticchio, a pochi metri dalla costa del comune di Riace, non ha ancora smarrito lo stupore per l’incredibile ritrovamento. Stupore vissuto anche dai carabinieri e dagli uomini della Sovrintendenza di Reggio Calabria quando cinque giorni dopo, tra il 21 e 22 agosto, realizzarono lo spettacolare recupero. Stupore che si prova appena ci si presenta al loro cospetto, anche quando si ripete più volte e in giorni diversi l’incontro, sentendosi piccoli, piccoli, considerata la loro altezza, circa due metri, e un peso di circa 160 chilogrammi (all’origine pesavano 400 chilogrammi per via della terra di fusione al loro interno).  Enormità che non penalizza la perfezione del loro corpo in tutti i particolari, vene e muscoli compresi. La statua “A” dall’aspetto fiero, una capigliatura lavorata e rifinita con riccioli perfetti trattenuti da una fascia, barba fitta, occhi dallo sguardo penetrante, bocca semiaperta con magnifici denti in argento ben visibili, spalle perfettamente orizzontali, sembra l’immagine di un guerriero forte e determinato, un eroe senza paura; la statua “B” mostra un uomo meno giovane, forse più autorevole, la testa liscia e deformata verso l’alto, una cuffia in rame, un solo occhio arrivato fino a noi, la bocca semiaperta ma senza rivelare la dentatura, il busto inclinato. Il Bronzo “A” è l’unica statua del periodo classico a mostrare la dentatura, un modo secondo gli studiosi per manifestare forza e ostilità.  Entrambi nudi, i corpi scolpiti nei minimi dettagli, rappresentati in una posizione che viene attribuita al fatto che dovevano reggere tra le mani scudo e lancia, braccio sinistro leggermente inclinato e quello destro piegato. Di elmi, lance e scudi mancanti non c’è comunque traccia, forse perché buttati in acqua separatamente dalle statue.

Il Bronzo B

La curiosità mondiale e l’impegno di studiosi da tutti i continenti hanno consentito di raggiungere la quasi certezza che si tratta di opere d’arte di alto valore appartenenti alla tradizione dei grandi scultori dell’antica Grecia e risalenti al quinto secolo avanti Cristo. Ma nonostante continui studi e ricerche, gli interrogativi sulla misteriosa coppia restano molti, e addirittura sembrano crescere con il passare degli anni. Chi furono i loro scultori? Chi raffigurano? Come finirono sul fondale del mar Ionio? Erano su una nave affondata da una tempesta oppure vennero scaraventati in acqua per alleggerire la stessa nave magari in difficoltà per svariati motivi? E l’equipaggio da dove arrivava, e che lingua parlava? Inoltre chi rappresentano: personaggi realmente esistiti (eroi, guerrieri, comandanti), oppure figure mitologiche? Infine, facevano parte di un gruppo di sculture in bronzo scomparse con il passare dei secoli?  Da anni circola con insistenza il chiacchiericcio sull’ipotesi di un terzo Bronzo mai trovato e celato da qualche parte.  Dunque le domande sulla provenienza delle due statue arrivate dal mare continuano addensarsi con il crescere degli studi e il trascorrere del tempo. Cinquant’anni di indagini con i più sofisticati strumenti non hanno svelato il mistero che avvolge i due giganti.

Carola Vai e il Bronzo B

Tra le infinite leggende, una delle più entusiasmanti è che i due Bronzi possano aver avuto il loro creatore ad Argo, nel Peloponneso (idea determinata dalle indagini sulla terra di fusione) e che siano finiti in fondo al mare durante un viaggio verso la Roma imperiale per essere restaurati e poi esposti al pubblico romano; oppure di ritorno dalla stessa Roma. Nulla può comunque al momento confermare tale teoria, come tante altre discusse ciclicamente. Molti esperti sostengono che le due statue non hanno trascorso secoli in prossimità della costa di Riace perché non si tratta di un sito archeologico. Certo il mistero che avvolge i due maestosi Bronzi contribuisce ad aumentare il loro fascino. Turisti, appassionati, studiosi continuano arrivare da tutti i continenti. E le due statue con la loro perfezione scultorea, sono diventate il simbolo della Magna Grecia, della Calabria, dell’Italia.

Così, per celebrare i 50 anni dal loro ritrovamento il Comune di Reggio Calabria ha organizzato una serie di eventi culturali, musicali, turistici e persino gastronomici compresa, per il giorno 16 agosto, un’installazione di video da proiettare sulla facciata del Museo Nazionale Archeologico che ospita le due monumentali ed emozionanti statue. I Bronzi si possono vedere dal vivo stupendosi in loro presenza, ma anche scoprire la loro bellezza in moltissimi modi virtuali.

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Giorni e orari di apertura

Da martedì a domenica. Chiuso il lunedì

9.00 – 20.00 – Ultimo ingresso ore 19.30

Contatti

Indirizzo: Piazza De Nava, 26 – 89100 Reggio Calabria

e-mail: man-rc@beniculturali.it

FB: @MuseoArcheologicoRC

SITO: https://www.museoarcheologicoreggiocalabria.it/

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Sul Museo vedi: http://www.viavaiblog.it/il-museo-archeologico-di-reggio-calabria-non-solo-i-bronzi-di-riace/

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)